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Pochi i medici, ne mancano 372: i Pronto soccorso in Sicilia sono al collasso

Massimo Agostino Geraci, direttore del Pronto soccorso dell'Ospedale Civico di Palermo (foto Fucarini)

Pronto soccorso in codice rosso in Sicilia perché all’appello mancano 372 medici. Secondo i dati elaborati dal Coordinamento dei direttori e dei responsabili delle aree di emergenza la pianta organica dei pronto soccorso dell’Isola è coperta solo al 53 per cento: in pratica su un totale di 786 medici che dovrebbero essere impiegati, quelli in servizio sono appena 414 tra assunti a tempo indeterminato o con contratto a termine, troppo pochi per assistere al meglio le persone che hanno bisogno di cure immediate.

In Sicilia, insomma, è allarme nei pronto soccorso, sempre più affollati a causa della nuova ondata del Covid, con i camici bianchi che operano in un contesto e in un clima per nulla sereni.  «Il rischio clinico è elevato e va considerato», ammette senza peli sulla lingua Massimo Geraci alla guida del pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo, uno dei più grandi della Sicilia, che in teoria dovrebbe avere tra i ranghi 35 medici ma che in realtà sconta sette unità in meno di personale.

E non è tra quelli messi peggio visto che ci sono realtà come il pronto soccorso di Agrigento che su 21 medici ne ha 6 effettivi o come quello di Marsala dove su una previsione di 16 professionisti, ne risultano disponibili solo 3: «Per il nostro dovere etico e morale - spiega Geraci che è uno dei firmatari del documento - bisogna riconoscere che il sovraffollamento cronico, gli effetti della pandemia e la carenza di medici sono situazioni comuni a tutte le strutture siciliane che purtroppo aumentano la probabilità di commettere errori. Dispiace dirlo ma è così».

Medici in fuga, concorsi che vanno deserti, turni logoranti, pazienti in coda ore e ore in attesa di essere visitati ma anche episodi di violenza nei confronti del personale ormai diventati all’ordine del giorno. Martedì scorso a un medico del pronto soccorso di Villa Sofia – storicamente il più intasato del capoluogo – è stato rotto il naso da un gruppo di persone, probabilmente parenti di un ricoverato, e solo pochi giorni fa un quarantacinquenne era stato denunciato per avere danneggiato il triage al pronto soccorso dell’ospedale Civico, sempre a Palermo.

Ma ancora ieri, per tutta la giornata, il tasso di sovraffollamento dell’area di emergenza-urgenza di Villa Sofia è stata attorno al 250 per cento per la presenza di 74 pazienti di cui 22 in attesa mentre al pronto soccorso dell’ospedale Civico l’indice è rimasto stabile attorno al 170 per cento con 50 persone in carico: «Non si trovano più medici disposti a sopportare lo stress e la pressione dei pronto soccorso - ha continuato Geraci -. L’ultimo concorso, bandito proprio qui al Civico per trovare queste figure professionali, è andato praticamente deserto: speriamo che nuovi ingressi possano arrivare dai giovani delle scuole di specializzazione anche se ogni anno il 20 per cento di loro sceglie di abbandonare questo percorso passando ad un’altra disciplina. Servono interventi organizzativi e strutturali per fare in modo che si interrompa questa mancanza di vocazioni alla medicina d’urgenza».

Dopo il boom di accessi registrato nelle ultime settimane, 27 primari hanno analizzato lo stato di salute dei pronto soccorso dell’Isola denunciando che «al ritmo attuale di cento dimessi al mese, gli organici saranno abbondantemente al di sotto del 50 per cento entro il 2025 – si legge nel documento del Coordinamento dei direttori e dei responsabili – ma in Sicilia abbiamo già raggiunto questa soglia se consideriamo i medici effettivi e con contratti a tempo determinato o indeterminato. La ricognizione appena effettuata fa emergere dati sconcertanti: in tutti i pronto soccorso si registra una carenza di medici, in alcune realtà è addirittura presente un solo strutturato ed i turni sono in gran parte coperti da medici dell’emergenza territoriale o da medici precettati da altri reparti. Nella fuga o nella diserzione dalle aree di emergenza incide soprattutto un carico di lavoro che non ha pari tra le discipline ospedaliere e che peggiora esponenzialmente nelle condizioni di cronico sovraffollamento, condizionando una notevole esposizione degli utenti a livelli di rischio clinico incontenibili con alta probabilità di eventi avversi, anche gravi».

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