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L'Antimafia: l'Ast è una fabbrica del consenso gestita con metodi clientelari

La sede Ast di via Ugo La Malfa, a Palermo (Foto Alessandro Fucarini)

La Commissione parlamentare antimafia dell’Assemblea regionale siciliana ha approvato oggi all’unanimità la relazione conclusiva dell’indagine sull'Ast, l’Azienda trasporti siciliana, al centro di un’indagine della procura di Palermo. Secondo la Commissione, «dall’inchiesta svolta emergono fatti, comportamenti e omissioni che aggravano, purtroppo, il quadro proposto dalla magistratura. E che richiedono un ripensamento urgente e complessivo da parte della Regione siciliana, socio unico dell’Ast, nelle proprie funzioni di gestione e di controllo nei confronti della più importante partecipata regionale. L'indagine della procura di Palermo - si legge nella relazione conclusiva - consegna alle valutazioni della politica una ricostruzione priva di rilievo penale ma, certo, estremamente allarmante».

«Dalle indagini è emerso che la gestione del personale di Ast, sia con riguardo ai dipendenti assunti direttamente sia con riguardo a quelli impiegati attraverso rapporti di lavoro interinale è pesantemente condizionata da logiche clientelari e da pressioni politiche». Particolarmente critico è il giudizio sull'atteggiamento inerte della Regione. "E' quanto meno singolare che la relazione, a conclusione dell’audit svolto dagli avvocati Giuseppe Terrano e Sergio Lo Cascio, sia rimasta lettera morta, nonostante punti specifici di vulnerabilità e di opacità che quella relazione individuava nell’azienda (e che sono stati poi raccolti e sviluppati nell’indagine della Procura di Palermo). E' irrituale che l’attività ispettiva dei due legali dell’azienda Terrano e Lo Cascio si sia ritorta contro di loro, rendendoli vittime di un isolamento ingiustificato e certamente ingeneroso per due dipendenti che hanno avuto l’onestà civile di rappresentare all’autorità giudiziaria le loro preoccupazione su situazioni di dubbia legalità all’interno dell’azienda».

Sul caso dei due dipendenti, per la Commissione «è auspicabile che la nuova governance della società senta il dovere di esprimere il suo apprezzamento e di rimuovere gli effetti di un grottesco mobbing aziendale." Punto chiave dell’indagine della Commissione è il sistema di assunzioni presso l’Azienda. Citando quanto scritto dai magistrati, l’antimafia scrive infatti che «Dagli elementi di prova acquisiti nel corso delle indagini è emerso con straordinaria nitidezza il fenomeno delle assunzioni di personale legate a logiche politiche; assunzioni «pilotate» che hanno fatto dell’Ast una scatola contenitrice di lavoratori non necessari all’azienda Le intercettazioni trascritte assumono un’evidenza tale da non richiedere spiegazioni o interpretazioni...». Parole che per i commissari antimafia sono «nette e irrimedaibili. Eppure tra i ruoli apicali dell’azienda continuano a svolgere, riconfermati nelle loro funzioni, soggetti coinvolti nell’indagine penale, adducendo la giustificazione piuttosto singolare d’una carenza di risorse umane. «La sensazione - conclude la Commissione - è che quest’indagine penale sia stata vissuta da taluni - alla Regione e in Ast - solo come una fastidiosa interferenza, un oggettivo intralcio alle consolidate pratiche di amministrazione e di lottizzazione, un problema da tenere tra parentesi e da smaltire. Rapidamente e silenziosamente».

I legali che denunciarono: "Siamo isolati"

«Isolati in azienda» dopo l’esposto in Procura con cui avevano denunciato presunte irregolarità e sfociato nell’inchiesta pensale sull’Ast. A raccontare le condizioni di lavoro all’Antimafia siciliana, che li ha sentiti in audizione nell’ambito della relazione sull’Azienda trasporti siciliana, gli avvocati Sergio Lo Cascio e Giuseppe Terrano. “A seguito delle indagini io ho difficoltà ad andare in Azienda. - ha detto Terrano - sono completamente isolato». Il presidente dell’Antimafia, Claudio Fava, gli chiede: «Però il management è completamente cambiato, c’è un altro presidente». E l’avvocato: “Io, infatti, mi sarei aspettato, almeno, una convocazione, per dire: ‘Signori, ma cos’è successo? Qual è il problema?’. Credo che fosse doveroso anche un ringraziamento per quello che noi abbiamo fatto. Ma è normale che non mi passano più un foglio di carta e ci dev’essere invece l’avvocato Salamone, inquisita, che gestisce l’ufficio? Ma, dico, è una cosa normale? Non c’è stata una persona che mi ha detto ‘Giuseppe, graziè o ‘complimenti per quello che avete fatto. Avete avuto coraggio. Io sto peggio di quando c’erano le indagini in corso. Io ho paura ora, perché mi sento solo». E l’altro avvocato, Lo Cascio, aggiunge: «Noi vogliamo chiedere di essere distaccati per restare tranquilli, perché noi non siamo più tranquilli lì, cioè da un momento all’altro può accadere qualcosa. Ci sono tante cose strane che succedono... Da ultimo è successa una cosa stranissima, a pausa pranzo esco e timbro... rientro, timbro nuovamente, per curiosità controllo: il timbro d’uscita delle 13.50 non c’era! Lei capisce che significa se mi ferma la polizia? È falsa attestazione di presenza e truffa. Io ho fatto chiamare subito l’addetto: ‘metta subito per iscritto che io ho timbratò. È evidente dal provvedimento disciplinare, dal trasferimento, che prima o poi me la faranno pagare». Terrano appare disperato: “Onorevole, noi siamo, mi perdoni, gli ‘sbirrì. È inutile che ci giriamo intorno. Io non posso più stare dentro quest’azienda in cui ogni giorno devo stare seduto ad aspettare che chi è indagato mi dia i documenti per lavorare. Noi non abbiamo messo in cattiva luce l’azienda, noi abbiamo sollevato le criticità, abbiamo fatto il nostro dovere, lo abbiamo fatto per il bene dell’azienda, che c’è tanta gente onesta anche là dentro, ma che ha paura perché c’è un clima pesante. Quando due figli di magistrati non mi salutano, io dovrei spaccare, mi perdoni, i tavolini perché mi vergogno per loro... Fino al giorno prima dicevano: ‘qui non c’è nessuno che ha il coraggio di denunciarè e ora appena io arrivo si alzano e se ne vanno».

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