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Corruzione, la procura di Roma chiede l'archiviazione per il generale Figliuolo

L'ex commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 Francesco Figliuolo

«Nessuna condotta illecita». I pm di Roma hanno chiesto l’archiviazione per l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo. Il suo nome era finito nel registro degli indagati, alcuni mesi fa, come «atto dovuto» in uno dei filoni della maxinchiesta della procura capitolina su irregolarità negli appalti per gli approvvigionamenti nelle Forze Armate.

Nei suoi confronti le accuse erano di corruzione per esercizio della funzione e frode nelle pubbliche forniture in relazione all’omaggio di quattro capi di abbigliamento da parte di una società. Il pm Carlo Villani, al termine dell’attività di indagine, ha trasmesso al gip la richiesta di archiviazione. Nello stesso procedimento è coinvolto il generale Enzo Vecciarelli, ex capo di stato maggiore dell’esercito, per il reato di corruzione. L’indagine, nel luglio del 2020, portò ad una serie di misure cautelari per pubblici ufficiali, appartenenti alle Forze Armate con diverso grado, e imprenditori, accusati, tra l’altro, anche di turbativa d’asta. Nel novembre scorso il pm ha proceduto alla chiusura, atto che precede la richiesta di processo, di uno dei filoni che coinvolgeva 17 persone tra i quali anche appartenenti a Esercito, Carabinieri, Guardia di Finanza e imprenditori. Questo segmento di indagine riguarda presunti illeciti in appalti da 18,5 milioni di euro per forniture alle Forze Armate. Tra le gare finite sotto la lente degli inquirenti anche quelle relative agli approvvigionamenti di gradi e distintivi. In base a quanto accertato dagli inquirenti le persone finite nel registro degli indagati avevano creato un vero e proprio sistema corruttivo che imponeva mazzette per circa il 10% del valore delle gare. Nell’ordinanza emessa dal gip nel luglio di due anni fa veniva delineato il modus operandi illecito: gli imprenditori coinvolti avrebbero creato un cartello che, di fatto, si divideva gli appalti e le comande su una serie di gare che andavano dagli alamari metallici, ai gradi in velcro da appuntare sulle divise affidate poi in subappalto a ditte cinesi. Il prodotto fornito, quindi, era spesso diverso da quello pattuito per «origine, qualità e provenienza».

L’attività di indagine era partita da un procedimento avviato a Frosinone su una associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale e alla creazione di fondi neri che vedeva coinvolta una società aggiudicataria di diverse gare d’appalto per fornitura alle Forze armate. «In particolare - scriveva il gip nell’ordinanza - era emersa l’esistenza di una rete di soggetti che sfruttando conoscenze all’interno delle amministrazioni appaltanti mostravano di riuscire ad ottenere facilitazioni nell’aggiudicazione delle gare». Un sistema di tangenti in danaro o sotto forma di «r

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