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Omicidio Yara Gambirasio, ipotesi Dna manomesso: due indagati a Venezia

Massimo Giuseppe Bossetti, il carpentiere di Mapello condannato all'ergastolo in Appello per l'omicidio di Yara Gambirasio,dov'è detenuto dal giugno 2014

Si gioca negli uffici della Procura di Venezia, da alcuni mesi, nel più stretto riserbo, l’ultima battaglia di Massimo Bossetti sul Dna di Ignoto 1, elemento cruciale nella sua condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio. Il braccio di ferro tra la difesa del muratore di Mapello e i magistrati di Bergamo sulla presunta alterazione dei materiali genetici - «prima scomparsi e poi ricomparsi» sottolineò a suo tempo l'avvocato Claudio Salvagni - è arrivata fino a Venezia in seguito alla denuncia dei legali di Bossetti per frode processuale e depistaggio, e dopo che gli stessi pm di Bergamo, d’accordo la Corte di Cassazione, nel giugno 2021 avevano trasmesso per competenza ai colleghi dell’ufficio veneto, gli atti del procedimento «per le opportune valutazioni».

Nel fascicolo veneziano - come scritto dal Corriere del Veneto - risultano indagati il presidente della prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo, che da presidente della Corte d’Assise di Bergamo respinse come inammissibili le richieste della difesa di esaminare i reperti, e Laura Epis, funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato. A loro nei mesi scorsi era giunto l’avviso di proroga dell’indagine. Che ora, però, sarebbe vicina alla chiusura.

Il titolare del fascicolo, il procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito, non ha voluto fare alcun commento in proposito. Il magistrato avrebbe sentito nei mesi scorsi come testimoni i titolari dell’accusa nel processo, e alcuni investigatori, carabinieri e tecnici dei Ris, che nel giugno 2014 seguirono la pista del Dna che portò all’arresto di Bossetti. .
L’obiettivo dei difensori, naturalmente, è sempre quello di scovare un appiglio che consenta una revisione del processo. «Abbiamo chiesto mille volte di poter riesaminare i reperti confiscati dopo la sentenza definitiva - afferma l’avvocato Salvagni - Ma ci è stato sempre negato. Quando invece, nel 2019, il Tribunale di Bergamo accolse la nostra richiesta ci sentimmo poi dire però che i campioni "sarebbero stati distrutti"; cosa che apre molti interrogativi».

La svolta, infatti, sembrò manifestarsi nel novembre 2019, quando in una intervista al settimanale Oggi, uno dei consulenti della Procura orobica affermò che i campioni genetici c’erano ancora, conservati al San Raffaele di Milano. Cosa vera, puntualizzò il consulente della famiglia Gambirasio, Giorgio Portera, specificando tuttavia che in realtà erano solo «alcune porzioni intorno alla traccia 31 G20, che diede la compatibilità più forte con Bossetti, ma che è esaurita e non potessero dare contributi in più rispetto a quelli già noti».

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