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Terza inchiesta per la morte di Pantani, l'ex pusher: «Fu ucciso»

A 17 anni dalla morte di Marco Pantani, si indaga ancora. Per la terza volta la Procura di Rimini ha aperto un’inchiesta per far luce sulla fine del Pirata di Cesenatico, uno degli sportivi più amati dagli italiani, morto in solitudine il 14 febbraio 2004, giorno di San Valentino, al residence Le Rose di Rimini. Il fascicolo è per omicidio, a carico di ignoti, e sarebbe già aperto da qualche tempo. L’ultima archiviazione, che definiva fantasiosa e senza fondamento l’ipotesi di un assassinio del ciclista romagnolo, risaliva al 2016.

L'intervento dell'Antimafia

A sollecitare in qualche modo la ripresa degli accertamenti è stata la commissione parlamentare antimafia, che ha inviato ai magistrati riminesi una relazione. Al vaglio c’è soprattutto l’audizione, in parte secretata, di Fabio Miradossa, il pusher che patteggiò nel 2005 una pena per spaccio legato alla morte di Pantani. «Marco è stato ucciso, l’ho conosciuto 5-6 mesi prima che morisse e di certo non mi è sembrata una persona che si voleva uccidere. Era perennemente alla ricerca della verità sui fatti di Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato», le parole di Miradossa, a gennaio 2020, che probabilmente ora sono al centro di approfondimenti.

Il giallo delle ultime ore di vita

Le nuove indagini si concentrerebbero in particolare sulle ultime ore del campione, tralasciando invece altri elementi scandagliati in passato, come l’ipotesi che la scena del crimine sia stata inquinata o che le indagini successive al decesso siano state incomplete, circostanze evidenziate da precedenti esposti dei familiari. Da pochi mesi la madre di Marco, Tonina Belletti, e il marito, Paolo Pantani, si sono affidati a nuovi difensori, gli avvocati Fiorenzo e Alberto Alessi, padre e figlio, che stanno affiancando il lavoro degli inquirenti con ulteriori indagini. Belletti ha di recente chiesto di essere convocata ed è stata sentita per due ore in Procura dal pm Luca Bertuzzi, accompagnata dai legali. «Mamma Tonina chiede di capire una volta per tutte se il figlio è morto per un mix di antidepressivi con la cocaina assunta precedentemente, oppure se ci sono altri motivi», dice l’avvocato Fiorenzo Alessi, riferendosi alle conclusioni delle ultime consulenze medico-legali.

Le prime due inchieste

Finora le inchieste hanno detto che Pantani morì da solo, in una stanza del residence, chiusa dall’interno. Per un’azione prevalente di psicofarmaci, appunto, così da far pensare più a una condotta suicida, che a un’overdose accidentale. È stata fin qui sempre esclusa l’ipotesi di un’assunzione sotto costrizione. In precedenza, dopo le prime indagini, Miradossa patteggiò quattro anni e dieci mesi, tre anni e dieci mesi Ciro Veneruso, per spaccio e morte come conseguenza di altro reato. Il primo avrebbe consegnato al Pirata la dose letale, l’altro l’avrebbe procurata. Poi c’era un altro imputato che aveva rifiutato il patteggiamento e che alla fine è stato assolto dalla Cassazione. Non hanno portato a risultati neppure gli accertamenti, sempre sollecitati dalla famiglia, su un presunto intervento della Camorra al Giro d’Italia del 1999, quando Pantani venne escluso per l’ematocrito alto, il 5 giugno. Per il campione, l’ultimo uomo a realizzare la doppietta Giro-Tour de France nello stesso anno, il 1998, quel giorno di giugno a Madonna di Campiglio fu l’inizio della fine.

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