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L'omicidio Regeni, annullato il processo agli agenti segreti egiziani

I genitori di Giulio Regeni entrano nell'aula bunker di Rebibbia

 Battuta d’arresto per il processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, brutalmente torturato e infine ucciso il ricercatore Giulio Regeni nel 2016. I giudici della III corte d’Assise, dopo cinque ore di camera di consiglio, hanno annullato il rinvio a giudizio disposto dal gup nel maggio scorso rinviando gli atti per cercare di rendere effettiva la conoscenza del processo agli imputati. Il rischio sarebbe la nullità del procedimento.
Il nodo sulla presenza del generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif si annunciava complesso. A parere della Corte d’assise di Roma «il decreto che disponeva il giudizio era stato notificato agli imputati comunque non presenti all’udienza preliminare mediante consegna di copia dell’atto ai difensori di ufficio nominati, sul presupposto che si fossero sottratti volontariamente alla conoscenza di atti del procedimento». Si riparte quindi dall’udienza preliminare. Il giudice dovrà utilizzare tutti gli strumenti, compresa una nuova rogatoria con l’Egitto, per rendere effettiva e non solo presunta la conoscenza agli imputati del procedimento a loro carico. Fonti di procura esprimono amarezza e sorpresa mentre i familiari di Giulio, presenti in aula, non si dicono rassegnati: è «solo una battuta d’arresto, premiata la prepotenza egiziana».

Nel corso del suo intervento il pm Sergio Colaiocco aveva sottolineato che i quattro 007 si «sono sottratti volontariamente dal processo mettendo in atto, in qualità di agenti della National Securety, una serie di depistaggi per “rallentare» l’indagine della Procura di Roma in modo tale da insabbiare la verità su quanto avvenuto tra il dicembre del 2015 e il febbraio del 2016. E anche il tuo di piazzale Clodio nell’ambito dell’udienza preliminare aveva giudicato sufficiente la pubblicità, mediatica e non solo, data all’inchiesta e al procedimento penale tale da renderlo «fatto notorio». In altri termini i quattro oggi non potevano non sapere che davanti ad un tribunale italiano iniziava il processo a loro carico. Colaiocco ha parlato di «Un’azione complessiva dei quattro imputati, e alcuni loro colleghi, compiuta dal 2016 e durata fino a poco fa, per bloccare, rallentare le indagini ed evitare che il processo avesse luogo in Italia. Da parte loro per 5 anni c’è stata una volontaria sottrazione, vogliono fuggire dal processo. Sono finti inconsapevoli», ha detto il rappresentante dell’accusa che ha poi elencato 13 circostanze con cui gli 007 hanno ostacolato il corso delle indagini. «Qui non abbiamo una prova regina una intercettazione telefonica. Ma ci sono almeno 13 elementi - ha affermato Colaiocco - che dal 2016 a oggi, se messi insieme, fanno emergere che gli agenti si sono volontariamente sottratti al processo. La domanda è: perché gli imputati non sono presenti qui in questa aula, sono inconsapevoli o finti inconsapevoli? L’imputato ha diritto ad avere tutte le notifiche del processo ma anche il dovere di eleggere il proprio domicilio. L’Egitto su questo punto non ha mai risposto. In generale su 64 rogatorie inviate al Cairo, 39 non hanno avuto risposta». E poi l’ammissione: «abbiamo fatto quanto umanamente possibile per fare questo processo e sono convinto che oggi i quattro imputati sappiano che qui si sta celebrando la prima udienza».

In aula presenti i genitori di Regeni, Paola e Claudio e la sorella Irene che si sono costituiti parte civile. Dal canto suo anche l’avvocato dello Stato ha depositato l’istanza da parte della Presidenza del Consiglio. “Dopo cinque anni e mezzo di faticosa battaglia vogliamo un processo. Ma che sia regolare, siamo qui per proteggere la verità», hanno detto gli avvocati Alessandra Bellerini e Francesco Romeo, legali della famiglia di Regeni. I legali hanno fatto riferimento ai «depistaggi clamorosi» messi in atto dalla National Security e dagli imputati. Dal finto movente omosessuale, all’uccisione della banda di rapinatori fino ad arrivare al film sulla vicenda di Regeni, andato in onda sui media egiziani e comparso anche sui social network, “evidentemente diffamatorio tanto che i genitori di Giulio hanno presentato una denuncia-querela alla Procura di Roma». Ballerini ha ricordato che a Giulio furono «fratturati denti e ossa. Incise lettere sul corpo. La madre lo riconoscerà dalla punta del naso». Tutto ciò è avvenuto «in un luogo di tortura della National Security. Giulio muore non per le torture ma per torsione del collo, perché qualcuno decide che doveva morire. In questi anni abbiamo subito pressioni e i nostri consulenti in Egitto sono stati arrestati e torturati».

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