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In Italia o in Israele? Parte l'udienza per decidere dove deve vivere Eitan: le posizioni in campo

I genitori hanno perso la vita nella tragedia del Mortarone. La zia paterna, affidataria, vuole che torni. I nonni materni ribattono: dovevano trasferirsi tutti qui

Il piccolo Eitan con il nonno materno

«Voglio vedere Eitan a casa». Queste le parole di Aja Biran, la zia del piccolo, all’ingresso del tribunale di Tel Aviv dove questa mattina è in programma la prima udienza della causa da lei intentata per riportare in Italia il bimbo sopravvissuto alla tragedia del Mottarone. Poco prima di Biran sono arrivati la nonna materna di Eitan, Etty Peleg Cohen, e sua figlia Gali Peleg che di recente ha annunciato di volere adottare Eitan. In aula c'è anche Shmuel Peleg, nonno materno che ha portato in Israele il piccolo ed è indagato a Pavia per sequestro aggravato di persona. La giudice ha consentito la presenza in aula solo di Shmuel Peleg e di Aja Biran. L’udienza si svolge a porte chiuse.

Per Aja Biran, Eitan è stato rapito dal nonno e deve essere riportato in Italia, dove è sempre vissuto. Sul fronte opposto c’è chi invece pensa che non ci sia stato alcun rapimento, perché i suoi genitori, ora deceduti (nella tragedia della funivia del Mottarone), volevano riportarlo in Israele, che è la sua vera casa. Sono queste le posizioni che si scontrano in questi minuti nell’aula del tribunale della famiglia di Tel Aviv, dove è in corso la prima udienza del caso che vede contrapposti la zia paterna Aya Biran e il nonno materno Shmuel Peleg. Al centro dell’acceso scontro, il destino di un bimbo di sei anni, unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone.

Il 5 settembre Eitan è stato segretamente portato in Israele dal nonno, con la presunta complicità della ex moglie e nonna del piccolo, Etty Peleg Cohen. Entrambi sono indagati per sequestro di minore, insieme all’autista dell’auto che li ha condotti dall’Italia alla Svizzera per imbarcarsi alla volta di Tel Aviv.

Il team legale della zia paterna Aya, riconosciuta da un giudice italiano come affidataria, ha presentato un’istanza ai sensi della Convenzione dell’Aja per riportarlo in Italia: è questa la sua «residenza naturale», dove è cresciuto, l’italiano è la sua lingua madre ed è lì che si svolge il suo percorso riabilitativo dopo la tragedia in cui ha perso i genitori, sostengono gli avvocati Avi Chimi e Shmuel Moran. I legali ricordano anche che il nonno Peleg è stato condannato per violenze domestiche, oltre vent'anni fa, ed è stato interrogato dalla polizia e messo ai domiciliari per quattro giorni dopo il suo rientro in Israele con Eitan.

La famiglia Peleg, rappresentata da Boaz Ben Tzur e Ronen Daliahu, è di tutt'altra opinione: non c’è stato nessun rapimento, non si tratta di un bimbo conteso tra due genitori, visto che la mamma e il papà sono morti, e quindi la Convenzione dell’Aja in questo caso non c’entra. Quanto al luogo naturale per Eitan, insistono i legali dei Peleg, i genitori pianificavano da tempo di tornare a vivere in Israele al termine degli studi in medicina del padre in Italia, considerata una tappa temporanea. La casa del bimbo è quindi Israele, dove trascorreva alcuni mesi all’anno tutti gli anni e dove i genitori avevano già acquistato una casa e cercato scuola per lui.

Le istanze di custodia e adozione avanzate dalla zia materna Tal, che si è presentata in tribunale con il marito Ron Peri, non verranno affrontate in questa sede.

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