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A messa anche senza green pass, ma i vescovi invitano tutti a vaccinarsi

Restano in vigore le vecchie regole: distanziamento nei banchi, mascherine obbligatorie e igienizzazione delle mani. A Milano i preti dovranno presentare un tampone negativo o il certificato della prima dose

Distanziamento nei banchi, mascherine obbligatorie e igienizzazione delle mani: sono le regole anti-Covid che restano per partecipare alla Messa che da un anno e mezzo è comunque priva di alcuni gesti liturgici che sarebbero vettori di contagio, dallo scambio del segno di pace all’acqua santa agli ingressi delle chiese. In ogni caso, a Messa non serve il green pass. E neanche per le processioni.

L'invito a vaccinarsi

La Conferenza Episcopale Italiana si è mossa comunque in anticipo, rispetto al nuovo provvedimento del governo, e una decina di giorni fa, in coincidenza con l’apertura dell’anno pastorale, ha dato indicazione a tutti i vescovi a sollecitare i fedeli a vaccinarsi, con un «invito» particolare per gli operatori, sacerdoti in primis, ma anche catechisti, cantori, volontari a vario titolo. Nessun obbligo vero e proprio ma una sorta di «moral suasion» da parte dei vertici di una Chiesa, quella italiana, che fin dall’inizio ha sostenuto la campagna vaccinale mettendo a disposizione anche i propri locali per effettuare le inoculazioni.

I limiti decisi dalle diocesi

La prima diocesi a rispondere all’appello della Cei è stata quella di Milano, che tra l’altro è anche la più grande del mondo. Già a partire da domani, 20 settembre, nelle parrocchie milanesi sacerdoti e operatori devono avere ricevuto la prima dose da almeno 14 giorni o essere guariti da meno di 180 giorni dal Covid o aver fatto un tampone negativo nei due giorni precedenti. Bisogna quindi aver fatto quello che serve per ottenere il green pass anche se formalmente il certificato non sarà richiesto. I vescovi del Lazio esortano «con molta fermezza», tutti coloro che possono, «a vaccinarsi: presbiteri, religiosi e operatori pastorali». «Ben oltre gli obblighi, siamo consapevoli che è in gioco il bene comune», dicono i vescovi, che fanno riferimento alle parole di Papa Francesco che ha definito la vaccinazione contro il Covid «un atto d’amore». Un appello alla vaccinazione è stato lanciato a Firenze dal cardinale arcivescovo Giuseppe Betori: «Non cadiamo nel tranello di chi vorrebbe farci vedere nel vaccino una violenza fatta alla nostra libertà». Le attività di culto non sono mai rientrate nell’obbligo di green pass; come anche sono state libere dalla certificazione verde tutte le attività di oratorio con i ragazzi e i centri estivi organizzati dalle parrocchie. Il green pass dallo scorso 6 agosto è richiesto però, anche nelle parrocchie, per i servizi di ristorazione svolti al chiuso; spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportive; musei e mostre; convegni. È da vedere invece che cosa sarà previsto, quando la certificazione sarà chiesta in tutti i luoghi di lavoro, per quelle attività diocesane che si configurano come un impiego vero e proprio.

Il Vaticano

Diverso è il discorso per il Vaticano che sulle regole anti-Covid decide per sé. Premesso che il piccolo Stato del Papa è stato tra i primi al mondo a vaccinare i suoi residenti e le persone che vi lavorano (e che ha donato vaccini anche ai Paesi più poveri), di fatto il green pass ad oggi è richiesto solo nella mensa aziendale interna alle mura vaticane. Il certificato non è richiesto né per le celebrazioni e neanche per le udienze papali che vedono la partecipazione nell’Aula Paolo VI di alcune migliaia di persone.

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