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Coronavirus, le reinfezioni dopo il vaccino sono l'1-2% ma i casi sono lievi

Casi di reinfezione da Coronavirus dopo il vaccino sono stati segnalati anche in Italia, ma sono casi non gravi. Altri casi arrivano dalla Gran Bretagna e dal Belgio. Un fenomeno che preoccupa ma che, al contempo, indica come la vaccinazione giochi comunque un ruolo importante nel contenere la gravità della malattia.

A puntare l'attenzione sulle reinfezioni post-vaccinazione, pur in mancanza di dati ufficiali e statisticamente rilevanti, è il virologo Fabrizio Pregliasco dell'Università di Milano: "Secondo stime nel nostro centro vaccinale all'Istituto Galeazzi di Milano - afferma - abbiamo rilevato una percentuale pari all'1-2% di reinfezioni dopo la seconda dose di vaccino anti-Covid Pfizer. Si tratta però di forme non gravi".

In questi casi, spiega l'esperto, "abbiamo osservato che si tratta di una reinfezione molto più debole e senza complicanze, e nella maggior parte delle situazioni dovuta alla variante Alfa, precedentemente denominata variante inglese. La reinfezione si è rilevata a distanza di 1-2 mesi dal completamento del ciclo vaccinale". Nei giorni scorsi, inoltre, "è stato rilevato anche un caso di reinfezione post vaccino da variante Delta (indiana) in Lombardia. Il dato positivo - sottolinea - è che comunque le reinfezioni sono lievi, quindi ciò indica una efficacia del vaccino nel mitigare l'impatto della reinfezione stessa".

Questo dato, secondo Pregliasco, dimostra dunque che "nonostante il possibile margine di reinfezioni, l'efficacia del vaccino c'è e l'obiettivo è comunque quello di evitare la malattia grave". La conclusione, commenta il virologo, è che il "vaccino serve e ciò per ridurre quello che può essere il colpo di coda futuro alla luce della eventuale insorgenza e diffusione in Italia, molto probabile, della variante Delta. Questo perchè il vaccino è l'unica possibilità per impedire un impatto pesante dal punto di vista clinico sulle strutture ospedaliere. L'importante, da un punto di vista di sanità pubblica, è, infatti, innanzitutto evitare i casi gravi".

Rispetto alle varianti, avverte, "si rende comunque ora fondamentale una terza vaccinazione con vaccini aggiornati contro le mutazioni, da effettuarsi entro il 2022". Intanto, uno studio belga condotto da Sciensano, l'Istituto nazionale di sanità pubblica, ha evidenziato che su un totale di oltre un milione e 400 mila persone definite 'completamente immunizzate', lo 0,32% si è infettato. Nel lavoro condotto dall'istituto belga è stata notata una predominanza della variante alfa (ex 'inglese') per l'86,1%, e a seguire la beta (ex 'brasiliana) per il 6,2% e la gamma (ex 'sudafricana') per il 3,6%.

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