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Variante inglese ceppo dominante in Italia: responsabile del 91,6% dei contagi

Silvio Brusaferro, presidente ISS

La cosiddetta variante inglese (B.1.1.7) del virus SasrCoV2, temuta per la sua maggiore trasmissibilità, è ormai diventato il ceppo dominante in Italia. La conferma arriva dall’ultima indagine rapida dell’Istituto superiore di sanità, in base alla quale tale mutazione è pari al 91,6% dei casi sul campione nazionale esaminato in un singolo giorno, lo scorso 15 aprile. La stessa indagine lampo ha invece evidenziato un solo caso collegato alla variante indiana del virus, che sta dilagando nel Paese asiatico.

La variante GB, emerge dallo studio, è dunque in crescita rispetto alla prevalenza dell’86,7% della precedente indagine relativa al 18 marzo, con valori oscillanti tra le singole regioni tra il 77,8% e il 100%. Per la variante 'brasiliana' (P.1) la prevalenza emersa con l’ultima indagine è invece pari al 4,5% (0%-18,3%, mentre era il 4,0% nella scorsa survey del 18 marzo). Al 15 aprile scorso, le altre varianti monitorate in Italia sono invece risultate sotto lo 0,5%, con un singolo caso della cosiddetta variante indiana (B.1.617.2) rilevato in Veneto e 11 di quella nigeriana (B.1.525).

La nuova indagine rapida - condotta da Iss e ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler - integra le attività di monitoraggio di routine, e non contiene quindi tutti i casi di varianti rilevate ma solo quelle relative alla giornata presa in considerazione. Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus.

In totale, hanno partecipato all’indagine le 21 Regioni/Province autonome e complessivamente 113 laboratori, per un totale di 2.000 campioni. La situazione richiede, avvertono Iss e ministero, un attento monitoraggio e misure adeguate. Infatti, nel contesto italiano in cui la vaccinazione «sta procedendo ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti - si legge nell’indagine - la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguate».

Inoltre, mentre la variante inglese è ormai «ampiamente predominante, particolare attenzione - si rileva - va riservata alla variante brasiliana, la cui prevalenza è rimasta pressoché invariata rispetto alle precedenti indagini». Al fine di contenere ed attenuare l’impatto delle varianti è importante, avvertono gli esperti, mantenere l’incidenza a valori che permettano il sistematico della maggior parte dei casi. Sulla questione delle varianti è intervenuto il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro che, durante la consueta conferenza stampa al ministero della Salute sui dati del monitoraggio settimanale, ha sottolineato come il virus muti «continuamente ma non tutte le mutazioni sono di interesse e ci devono preoccupare. Diventano preoccupanti - ha detto - quando c'è un aumento di trasmissibilità o virulenza».

La variante inglese, ha osservato, «è ormai la variante di base nel nostro Paese. È importante continuare ad abbassare l’incidenza per contenere i casi». Inoltre, ha sottolineato il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, «solo in un caso nell’indagine lampo dell’Iss è stata rilevata la variante indiana, che ad oggi non è una variante 'di preoccupazione', ma va investigata. Si parla molto dell’India ma l’epidemia lì è sostenuta in gran parte dalla variante inglese, però parliamo di un paese di 1,4 miliardi di abitanti, per cui i numeri sono comunque elevati». La svolta, anche rispetto alle varianti, ha concluso Rezza, può essere rappresentata solo dalla più ampia copertura vaccinale possibile.

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