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Mafia, tornano i figli degli "scappati" e i boss usciti dal carcere: l'allarme della Dia

Tornano gli scappati. La mafia vive momenti di "grande cautela operativa e sta tentando di serrare le fila anche riammettendo nei suoi ranghi le nuove generazioni degli 'scappati' dalla guerra di mafia degli anni '80 oltre a beneficiare di scarcerazioni di anziani affiliati che hanno scontato lunghe pene detentive".

A rilevarlo è l'ultima Relazione semestrale della Dia. Per una organizzazione così strutturata, a differenza di altre, nota la Dia, "il reinserimento di affiliati che hanno subito il carcere con 'onore', cioè senza pentirsi, avviene di norma senza traumi o conflitti anche nella consapevolezza che il rientro sul territorio di tali soggetti aumenta il prestigio dell'organizzazione mafiosa".

Le indagini evidenziano la propensione dei clan "a recuperare con maggiore efficacia i rapporti con le proprie storiche propaggini all'estero. Recenti sono, in particolare, le evidenze di una significativa rivitalizzazione dei contatti con le famiglie d'oltreoceano, che sono emerse con riferimento alle dinamiche sia palermitane sia agrigentine".

I cardini intorno ai quali ruotano le attività criminali mafiose sono sempre gli stessi: estorsioni ed usura, narcotraffico e gestione dello spaccio di stupefacenti, controllo del gioco d'azzardo legale ed illegale, inquinamento dell'economia dei territori, soprattutto nei settori dell'edilizia, del movimento terra, dell'approvvigionamento dei materiali inerti, dello smaltimento dei rifiuti, della produzione dell'energia, dei trasporti e dell'agricoltura.
Spesso ciò si realizza attraverso l'infiltrazione o il condizionamento degli enti locali, anche avvalendosi della complicità di politici e funzionari corrotti.

Ma non solo. La pandemia di Covid-19 rappresenta una "grande opportunità" per le mafie e lo snellimento delle procedure d'affidamento degli appalti e dei servizi pubblici comporterà "seri rischi di infiltrazione mafiosa dell'economia legale, specie nel settore sanitario". E' poi "oltremodo probabile" che i clan tentino di intercettare i finanziamenti per le grandi opere e la riconversione alla green economy. L'allarme della Direzione investigativa antimafia evidenzia seri rischi di infiltrazione e la crescita di riciclaggio e corruzione.

Le indagini raccontano di una criminalità organizzata che durante il lockdown ha continuato ad agire sottotraccia, con un calo delle "attività criminali di primo livello" (traffico di droga, estorsioni, ricettazione, rapine), ma un aumento al Nord ed al Centro dei casi di riciclaggio e, al Sud, i casi di scambio elettorale politico-mafioso e di corruzione. Stabile l'usura, fattore sintomatico di una pressione "indiretta" comunque esercitata sul territorio. Si tratta, segnala la Dia, "di segnali embrionali che, però, impongono alle Istituzioni di tenere alta l'attenzione soprattutto sulle possibili infiltrazioni negli Enti locali e sulle ingenti risorse destinate al rilancio dell'economia del Paese".

Sono cresciute anche le segnalazioni di operazioni sospette (Sos) pervenute alla Direzione rispetto allo stesso periodo del 2019. Un dato, viene sottolineato, "indicativo se si considera il blocco delle attività commerciali e produttive determinato dall'emergenza Covid della scorsa primavera".

La disponibilità di liquidità delle cosche punta ad incrementare il consenso sociale anche attraverso forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà, con il rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole "possano essere fagocitate nel medio tempo dalla criminalità, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti".

Diventa pertanto fondamentale, si legge nella Relazione, "intercettare i segnali con i quali le organizzazioni mafiose punteranno, da un lato, a 'rilevare' le imprese in difficoltà finanziaria, esercitando il welfare criminale ed avvalendosi dei capitali illecitamente conseguiti mediante i classici traffici illegali; dall'altro, a drenare le risorse che verranno stanziate per il rilancio del Paese".

Da Nord a Sud, infatti, il comune denominatore delle strategie mafiose, in questo periodo più di altri, pare collegato alla capacità di operare in forma imprenditoriale per rapportarsi sia con la Pubblica Amministrazione, sia con i privati. Nel primo caso per acquisire appalti e commesse pubbliche, nel secondo per rafforzare la propria presenza in determinati settori economici scardinando o rilevando imprese concorrenti o in difficoltà finanziaria. La Dia parla di "propensione per gli affari che passa attraverso una mimetizzazione attuata mediante il "volto pulito" di imprenditori e liberi professionisti attraverso i quali la mafia si presenta alla pubblica amministrazione adottando una modalità d'azione silente che non desta allarme sociale".

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