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La variante inglese spaventa l'Italia, sintomi e diffusione: virus ai raggi X in tutte le regioni

L'incubo della variante inglese si fa sempre più pressante. Ci si interroga sulla sua diffusione, su quanto sia contagiosa, sui sintomi. E intanto parte in tutta Italia una nuova indagine dell'Istituto superiore di sanità per mappare la diffusione delle varianti del virus SarsCov2. La nuova analisi, su 1.058 campioni che saranno passati ai raggi X, riguarderà tutte e tre le varianti presenti nel nostro Paese: quella inglese, la brasiliana e la sudafricana.

Ma è la variante inglese - identificata con le sigle 20B/501YD1 oppure B.1.1.7 - quella che al momento incute più paura. Secondo gli esperti, infatti, non solo è più contagiosa ma anche più letale.

"La 'variante inglese' - spiega l'Iss - è stata isolata per la prima volta nel settembre 2020 in Gran Bretagna, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al 9 novembre 2020. E' monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata", ed è stata "ipotizzata anche una maggiore patogenicità, ma al momento non sono emerse evidenze di un effetto negativo sull'efficacia dei vaccini".

I SINTOMI

Sebbene sia più contagiosa, al momento la variante inglese non sembra "causare sintomi più gravi in nessuna fascia di età - spiega l'Istituto superiore della sanità -. La malattia si presenta con le stesse caratteristiche e i sintomi sono gli stessi di tutte le altre varianti del virus. In termini di trasmissibilità la variante 'inglese' manifesta un aumento per tutte le fasce di età, compresi i bambini".

Dunque riconoscerla non è semplice, la diagnosi tra l'altro è affidata a un esame specifico. Ma perchè la si teme così tanto? Lo spiega l'Iss: "Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo - precisa l'Istituto - qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia, o la possibilità di aggirare l'immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione. In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione".

L'INDAGINE

L'obiettivo dell'indagine avviata in Italia, come ha spiegato una circolare del ministero della Salute, è identificare tra i campioni con risultato positivo per SarsCov2, possibili casi di infezione riconducibili a varianti. Per questo il Paese è stato suddiviso in 4 macroaree dalle quali arriveranno i campioni: Nord-Ovest (Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia), dove verranno analizzati in totale 265 campioni; Nord-Est (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna), 266 campioni; Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio), 254 campioni; Sud e Isole (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia), 273 campioni.

Nel dettaglio, il numero di campioni da analizzare per ciascuna regione è stato stabilito in base alla percentuale di casi notificati il 16 febbraio sul totale della macroarea: 42 Abruzzo, 7 Basilicata, 11 Calabria, 95 Campania 97 E.R., 27 FVG, 123 Lazio, 22 Liguria, 167 Lombardia, 38 Marche, 1 Molise, 57 Bolzano, 20 Trento, 76 Piemonte, 58 Puglia, 6 Sardegna, 53 Sicilia, 61 Toscana, 32 Umbria, 1 Valle d'Aosta, 64 Veneto.

VACCINO

La preoccupazione maggiore riguardano l'efficacia dei vaccini. Quello di Pfizer-Biontech, per esempio, potrebbe essere meno capace di immunizzare alle varianti sudafricana e brasiliana. I timori arrivano dai dati preliminari pubblicati sul New England Journal of Medicine dall'università del Texas di Galveston e delle stessa azienda, secondo cui l'efficacia degli anticorpi neutralizzanti del vaccino calerebbe di circa due terzi.

L'OMS

L'Organizzazione mondiale della sanità intanto raccomanda prudenza, in attesa che arrivino farmaci ancora più efficaci. Per evitare che si continuino a formare varianti "bisogna ridurre al minimo la trasmissione attraverso l'uso di mascherine, il lavaggio delle mani ed evitando il contatto con persone che non abitino con noi", ha affermato la responsabile Oms Katherine O'Brien nel consueto briefing da Ginevra.

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