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Coronavirus, l'infettivologo Cacopardo: "In Sicilia troppi errori, picco dei contagi subito dopo le feste"

Dopo molte settimane la Sicilia ha visto i contagi giornalieri abbassarsi sotto quota mille ma l'allerta resta alta e il rischio che l'epidemia riprenda ad accelerare è concreto. Lo dice anche Bruno Cacopardo, primario di Malattie infettive dell’ospedale Garibaldi di Catania e componente del Comitato regionale Coronavirus, nell'intervista rilasciata ad Anna Cane nel Giornale di Sicilia in edicola.

Pensa anche lei che potrebbe esserci quella che tutti chiamano “terza ondata”?

«Tecnicamente non è una terza ondata. È il secondo picco della seconda ondata. Sarebbe la terza ondata se la seconda avesse zero casi, invece non è mai finita ed è ancora in corso. C’è un errore di definizione. Siamo nella fase calante del picco della seconda ondata che tende ad abbassarsi. Se questo picco discendente modifica il suo corso e comincia a risalire siamo in presenza del secondo picco della seconda ondata».

Cosa bisogna fare per evitare la risalita della curva epidemiologica?

«Bisogna avere la consapevolezza che il rischio della diffusione del virus è legato a tutta una serie di comportamenti. Questo è dimostrato dal fatto che durante il periodo estivo, quando i casi erano veramente quasi azzerati, in Sicilia eravamo con 9-10 casi in tutto, abbiamo messo in atto comportamenti inadeguati come creare assembramenti, non utilizzare le mascherine, non lavarsi le mani e questo è il risultato. Gli italiani hanno adottato comportamenti sbagliati. Sono partiti per le vacanze, hanno creato assembramenti, hanno organizzato feste, sono andati in discoteca, al ristorante, al centro commerciale. Molti avevano l’idea, asserita anche da parte di qualche clinico e questo mi dispiace, che il virus fosse clinicamente morto e invece era più vivo che mai ed è ritornato a circolare. Qualcuno che lo aveva in maniera asintomatica lo ha trasferito ad altre persone e queste ad altre ancora. Questa catena di contagi ha fatto crescere rapidamente il numero di infezioni, di casi clinici e di morti. Questa cifra si è aggravata con la riapertura delle scuole».

Dunque lei ritiene che sia meglio chiudere le scuole?

«Sono stati attribuiti circa 200 mila contagi alla riapertura delle scuole che è una cifra considerevole perché questi sono i contagi diretti intrascolastici ma poi chi va a scuola porta l’infezione a casa. Abbiamo un numero alto di contagi tra familiari di derivazione scolastica».

È d’accordo allora con le limitazioni del governo e il pugno duro sugli spostamenti durante il periodo delle festività natalizie?

«Sono assolutamente d’accordo. Io appartengo ad un’ala clinica rigorista che inneggia al rigore del contenimento della diffusione del virus senza paure, senza ansie né agitazioni ma con la consapevolezza che l’infezione ancora non è passata e la circolazione del virus ancora non è finita».

L'intervista completa sul Giornale di Sicilia in edicola

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