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Coronavirus, il numero reale dei contagi? Nuove vie per monitorare i contatti

Personale sanitario in un reparto Covid

Capire qual è il numero reale dei contagi: da quattro o cinque giorni la progressione dell’epidemia sembra avere subito un leggero rallentamento. I 31.758 casi di oggi, per esempio, non sono il doppio dei 19.143 di sette giorni prima, ma sono più vicini al doppio dei 16.079 casi registrati nove giorni prima.

Vale a dire che il tempo in cui i nuovi casi raddoppiano sarebbe aumentato da sette a nove giorni, "ma non sappiamo se questo lieve rallentamento non sia il segnale del fatto che stiamo cominciando a perdere i casi: è possibile che non ci sia nessun rallentamento sui casi veri", ha detto all’Ansa il fisico Giorgio Parisi, dell’Università Sapienza di Roma.

Nel frattempo si cercano nuove vie, come i dati di Google Maps, per monitorare i possibili contatti che avvengono con gli spostamenti, soprattutto con i mezzi pubblici. Se ci fosse davvero un miglioramento, per Parisi "il guadagno di due giorni nel tempo di raddoppio sarebbe poco significativo: bisognerebbe portarlo a un mese o due. Certo, potrebbe essere l’inizio di qualcosa, ma sono dati inaffidabili", al punto che "seguire giorno per giorno l'andamento dei casi rischia di diventare inutile. Potremmo trovarci, cioè, in una situazione vicina a quella del marzo scorso, quando i casi reali erano fra cinque e dieci volte più numerosi di quelli registrati», anche se «è difficile stimare quanti siamo oggi i casi che sfuggono".

Un indice che fa sospettare che le cose stiano andando in questo senso è il rapporto fra casi positivi e tamponi, che ha toccato il nuovo record del 14,7%. "Sappiamo che quando questo rapporto va oltre il 5% si si stanno perdendo i casi", ha osservato Parisi. In leggero rallentamento anche il numero dei decessi, sebbene i 297 registrati oggi siano il numero più alto di questa seconda fase: fino a poco tempo fa ogni settimana aumentavano di 2,3, adesso l’aumento è di 2.

"Se tra qualche giorno vedessimo che i decessi cominciano a rallentare - ha detto il fisico - sarebbe un buon segnale". C'è però il fatto che "i morti non possono raddoppiare se non raddoppiano i casi gravi" e questi ultimi, ossia i ricoveri nelle unità di terapia intensiva, mostrano un andamento stabile, con un 60% in più ogni settimana. Un dato che, secondo Parisi, potrebbe indicare che le unità di terapia intensiva si stanno saturando.

In questa situazione la prima cosa da fare è "ridurre i contatti, a partire dai mezzi pubblici", osserva Parisi, che ha riportato alla situazione degli ultimi mesi la ricerca condotta nella primavera scorsa dall’Imperial College di Londra e basata sui dati degli spostamenti rilevati da Google Maps. Questi indicano che fino all’inizio di ottobre le presenze sui mezzi pubblici sono state del 90% e che si sono ridotte al 71% a fine ottobre, contro il 22% dell’aprile scorso.

Gli spostamenti dovuti al lavoro, pari al 75% in settembre, e all’85% a inizio ottobre, sono scesi al 75% a fine mese (38% in aprile); gli spostamenti per raggiungere ristoranti, bar e shopping center si sono ridotti dal 100% di settembre al 90% all’attuale 80% (14% in aprile). "Quelle che emergono da queste analisi sono solo delle indicazioni", ha detto Parisi, ma dati utili perché "ridurre la mobilità è un segnale preciso di quanto stiano funzionando le misure di contenimento".

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