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Migranti, scoperta a Palermo banda di trafficanti di uomini: 14 fermati, caccia a 4 latitanti

La questura di Palermo

Operazione contro l'immigrazione clandestina a Palermo, La polizia ha eseguito il fermo di 14 stranieri accusati di far parte di un'associazione a delinquere transnazionale. Quattro indagati sono al momento latitanti.

La banda è accusata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, esercizio di attività abusiva di prestazione di servizi di pagamento e altri delitti contro la persona, l'ordine pubblico, il patrimonio e la fede pubblica; reati aggravati dalla transnazionalità.

L'indagine, svolta dalla squadra mobile di Palermo e dal Servizio centrale operativo e coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Giorgia Righi, ha portato alla scoperta di un'organizzazione criminale, con cellule operanti in Africa, in diverse aree del territorio nazionale e in altri Paesi europei. L'associazione agiva su due fronti diversi: il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e l'esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria tramite il cosiddetto metodo "hawala", utilizzato principalmente per il pagamento dei viaggi dei migranti o come prezzo della loro liberazione dai centri lager in Libia.

L'inchiesta costituisce la prosecuzione delle operazioni "Glauco I - II - III" condotte tra il 2013 ed il 2017 che hanno consentito, nel tempo, di individuare ed identificare decine di trafficanti di esseri umani operanti sulla rotta del Mediterraneo centrale, molti dei quali già condannati anche in via definitiva a pesanti pene, e i loro referenti in Italia. Già nel corso delle indagini precedenti è emerso il ruolo di vertice di Ghermay Ermias - ancora latitante - e proprio dallo sviluppo delle inchieste finalizzate alla sua ricerca, anche attraverso attività di cooperazione internazionale, è stata ricostruita l'associazione a delinquere che operava tra il Centro Africa (Eritrea, Etiopia, Sudan), i paesi del Maghreb (soprattutto la Libia), l'Italia (Lampedusa, Agrigento, Catania, Roma, Udine, Milano), vari paesi del Nord Europa (Inghilterra, Danimarca, Olanda, Belgio e Germania).

Documenti falsi e nascondigli, rotte Nord Europa-Usa. Fin dal 2017, la banda ha supportato le attività di traffico sia nel corso del viaggio dei migranti sul continente africano che in occasione del loro concentramento nei campi di prigionia in Libia. Appena giungevano in Sicilia, a bordo delle navi impiegate in attività di soccorso in mare, gli indagati intervenivano, in un primo momento, consentendo ai profughi di allontanarsi dai centri di accoglienza in cui erano ospitati, nascondendoli in altri luoghi e fornendo loro in alcuni casi vitto, alloggio, titoli di viaggio e falsi documenti, e, in un secondo momento, curandone la partenza verso località del centro e nord Italia, da dove poter raggiungere il nord Europa e talvolta gli Usa. In altre occasioni, i membri del gruppo hanno contattato direttamente i migranti già giunti in Italia per consentire loro la prosecuzione del viaggio verso altri Stati europei o in alcuni casi anche verso gli Stati Uniti (gestendo la pericolosa tratta del viaggio attraverso i paesi del Sud America). Le ripetute attività di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina venivano pagate dai migranti stessi o dai loro familiari ed amici, spesso residenti all'estero, che inviavano il denaro richiesto dai trafficanti con il sistema fiduciario "hawala" (che consente di trasferire denaro in maniera illecita utilizzando una rete di intermediari operanti in tutto il mondo).

Torture in Libia e Sudan."Scarsa cooperazione Paesi". Altro aspetto rilevante emerso dall’operazione coordinata dalla Dda di Palermo, contro una banda di trafficanti di migranti, sono gli accertati numerosissimi contatti tra gli indagati stranieri e soggetti presenti nelle 'safe house' in Libia: dalle dichiarazioni dei migranti sono emerse le condizioni di vita ma soprattutto le violenze fisiche e psicologiche e le torture subite e inflitte dai trafficanti per ottenere dai congiunti il pagamento per la liberazione o per la prosecuzione dei viaggi. «Sono stati raccolti elementi indiziari, sia dalle dichiarazioni che dalle attività tecniche di intercettazione a carico di numerosi trafficanti di esseri umani, operanti in Libia e Sudan e gestori direttamente di alcune safe house, purtroppo - è il rammarico degli inquirenti - non compiutamente identificati nonostante le richieste di cooperazione internazionale in tal senso e su cui sono tuttora in corso le indagini per la identificazione».

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