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Coronavirus, Ricciardi: "Rischiamo la fine della Catalogna, servono più controlli"

Walter Ricciardi

Pochi controlli, multe ormai ridotte allo zero e troppa movida selvaggia in Italia. "Bisogna applicare sul serio le sanzioni. Purtroppo vedo che le multe sono lo zero virgola qualcosa rispetto al numero delle persone fermate. Così non va". Lo dice Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza e presidente della Federazione mondiale delle associazioni di Sanità pubblica, in un’intervista a La Stampa.

Il rischio è di arrivare a ottobre con una nuova ondata di casi, dice l'esperto. Rischiamo «di fare la fine della Catalogna o di Israele. Se i focolai crescono di numero e volume c'è il rischio di non riuscire più a tenerli sotto controllo. Allora potrebbe capitare di dover creare delle zone rosse anche in luoghi di villeggiatura dove si finirebbe per restare intrappolati». Per affrontare il problema dei lavoratori migranti che non rispettano la quarantena perché «se non lavorano non mangiano», propone di istituire «un sussidio di sostentamento. Certo è che dobbiamo prepararci a una transizione lunga e il problema dei costi non può essere ignorato» aggiunge. Le persone che sbarcano sulle nostre coste «vanno messe in quarantena e testate ai primi sintomi».

La black list dei Paesi a maggior rischio «verrà di volta in volta estesa ai Paesi dove la situazione risultasse fuori controllo. Per quelli a rischio intermedio basta la previsione della quarantena in entrata e i tamponi nel caso di esordio dei sintomi». Per gli Usa, non inclusi nella black list, vanno bloccati gli arrivi solo «dalle zone più epidemiche come quelle del Sud». Bisogna «fare di tutto per non arrivare impreparati alla battaglia di ottobre, quando il virus potrebbe rialzare la testa». Non saremo al sicuro «fino a che non ne usciranno anche gli altri Paesi».

Secondo Ricciardi l’Italia dovrebbe usare la linea di credito del Mes: «Sono soldi che possiamo utilizzare da subito e a zero interessi. Ma dobbiamo spenderli bene. Prima di tutto ristrutturando i nostri ospedali e rinnovando la loro dotazione tecnologica. Poi motivando meglio anche economicamente il personale sanitario» e «promuovendo una grande trasformazione digitale della sanità».

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