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Contagi zero in Sicilia nel giorno di Falcone ma è polemica sui tamponi in vista del 3 giugno

A voler essere un pò romantici e magari anche sognatori, si potrebbe pensare che non sia una coincidenza l’arrivo del “contagio zero” in Sicilia proprio il 23 maggio, quando qualsiasi abitante dell’Isola, e non solo, si fermano per ricordare la strage di Capaci, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta.

Non succedeva da marzo, che non ci segnalassero nel territorio delle nove province casi di coronavirus. Il 9 marzo il contagio si era fermato ad un solo caso, dopo di che i numeri cominciarono a crescere, inesorabili, anche in Sicilia. Si temeva la slavina, l’Apocalisse, si era certi che il debole Sud sarebbe stato spazzato via dal Covid-19 come e peggio del forte Nord. Al 24 maggio, non è ancora successo.

Questo, ovvio, non vuol dire che è vinta la guerra, che la partita sia stata portata a casa. La fase 2, quella vera, è appena iniziata, e come l’Iss ha ricordato venerdì, solo la settimana prossima si potrà iniziare ad intravedere l’effetto delle riaperture pressoché totali.

Quelle del 4 maggio, però, almeno in Sicilia, fino a questo momento non hanno sortito disastri. Nella settimana tra il 16 e il 23 maggio, i nuovi contagi sono stati 39 (contro i 69 di una settimana prima), con una crescita dell’1,1%. In Sicilia ci sono attualmente 1512 contagiati (-147 rispetto a sette giorni prima), con 182 guariti in più (contro i 481 della settimana scorsa), 67 persone in meno ricoverate e nell’Isola sono rimasti in nove i posti occupati in terapia intensiva per malati di Covid. I decessi, quattro in una settimana (269 in totale) con tre giorni dove si è fermati a quota zero, ed è questa forse la notizia più bella L’Isola rimane la penultima regione nel rapporto tra contagiati e abitanti (lo 0,068%, addirittura meno di una settimana fa), con Palermo il capoluogo di Regione “migliore” sotto questo punto di vista.

Per fare un confronto dell’andamenti, nella settimana tra il 9 e il 16 maggio, i “nuovi positivi” in Sicilia sono stati 69, una crescita del 2% circa, più bassa di sette giorni precedenti (101 e 3,1%). C’è stato un crollo dei malati, 421 unità in meno in sette giorni e dei ricoverati (-123).  Meno anche i posti occupati in terapia intensiva (12, allo stato attuale, -5). I guariti erano stati ben 481, record assoluto.

Nella settimana tra il 2 e il 9 maggio, i nuovi contagi erano passati da 3212 a 3313, con una crescita del 3,1%, la metà rispetto alla stima precedente. Nella settimana dal 25 aprile al 2 maggio, c’era stata una crescita dei casi di coronavirus del 6,3%, da 3020 a 3213, dunque 193 contagiati in più. Dal 18 aprile al 25 aprile erano stati 348, con +13%. Dal 3 al 10 aprile l'aumento era stato di 432 unità (da 1932 a 2364), con una percentuale del 22%. Esattamente la metà di quanto avvenuto la settimana prima (44%) e nulla in confronto a quanto avvenuto dal 21 al 28 marzo, quando si era arrivati ad un preoccupante +177%. Per quanto riguarda l’indice di contagio Rt, la Sicilia è passata da 0,54 a 0,69, comunque sotto la media nazionale e abbondantemente sotto l’1 che tutti temono.

Siccome però l’Italia non è l’Italia se non ci sono polemiche, anche in una fase delicata come questa, da giorni domina le cronache in ogni dove quella sui tamponi. Troppo pochi, si dice da più parti, mentre qualche giorno fa il Governo orgoglioso sottolineava come non solo fosse vero ma in percentuale l’Italia è la seconda nazione al mondo per esami fatti.

La Fondazione Gimbe, che dall’inizio dell’epidemia studia l’andamento dei numeri, ha aggiornato la sua analisi sui tamponi effettuati sul territorio. "Per valutare la reale propensione di una Regione all’attività di testing e tracing sono stati considerati solo i tamponi “diagnostici” e non quelli “di controllo”, utilizzati per confermare la guarigione virologica o per altre necessità di ripetere il test", specifica il presidente Cartabellotta.  La differenza? Semplice. I tamponi diagnostici sono quelli effettuati su persone “nuove” e non ancora rintracciati, mentre quelli di controllo sono effettuati per controllare l’ancora positività o l’avvenuta negatività al virus. Anche la Regione Siciliana, ogni giorno, fa questa distinzione, ad esempio.

La Fondazione rileva che nelle ultime quattro settimane, cioè dal 23 aprile al 20 maggio, nel nostro Paese sono stati effettuati in totale 1.658.468 tamponi: di questi il 38,3% erano di controllo e il 61,7 diagnostici. Ma su questo le differenze tra le Regioni continuano ad essere ampie. Si va dal 34,1% della Campania al 98,2% della Calabria. La media nazionale è di 61 tamponi diagnostici al giorno ogni 100 mila abitanti, ma Gimbe torna a evidenziare come questa tenda a variare moltissimo tra le Regioni.

La Sicilia si piazza al terzultimo posto, con una media di 38 tamponi per 100 mila abitanti, dunque molto sotto la media. Se si vedono bene i dati, però, ci si rende conto che nelle ultime 3 settimane, il numeri dei tamponi (totali) in Sicilia sono oscillati tra 16100 e 17000 circa, dunque non una differenza così marcata da far scattare l’allarme. Soltanto dal 19 al 26 aprile, nell’Isola si era superata quella soglia, quando erano stati effettuati 21000 tamponi.

Inoltre, se si confronta il periodo che va da 7 al 20 maggio, cioè quando la fase di riapertura era già cominciata, con le settimane precedenti, si noterà che diverse Regioni hanno addirittura ridotto il numero medio di tamponi diagnostici al giorno ogni 100 mila abitanti. Se 12 Regioni con l'allentamento del lockdown hanno aumentato i tamponi effettuati per individuare nuovi casi, 9 li hanno invece diminuiti. In questo, la Sicilia, per fortuna, è nella parte (di poco) che non ha diminuito i tamponi diagnostici, ma li ha leggermente aumentati.

Perchè questo scenario? Secondo la fondazione (e anche secondo molti studiosi) lo Stato ha deliberatamente concesso troppo potere alle Regioni, che lo utilizzano (non tutte ovviamente) manipolando i test per i tamponi, in vista della riapertura della circolazione proprio tra Regioni del 3 giugno. In poche parole: pochi tamponi, meno contagi, dati più “convenienti” per Governatori e cittadini, con la malattia che passa in secondo piano. Accusa pesante, ma supportata da numeri. Numeri che, d’altro canto, hanno dimostrato anche loro di non aver nessuna verità assoluta e che bisogna sempre interpretare. Oppure, come speriamo tutti, si fanno meno tamponi semplicemente perchè ormai i "sintomatici" sono molti, molti meno, e dunque c'è meno bisogno di esami. E questa, davvero, sarebbe un'altra, grandiosa notizia.

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