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Altri due condannati per mafia scarcerati, vanno ai domiciliari: nuova polemica

Ancora una scarcerazione eccellente che fa discutere, quella di Pietro Pollichino, detenuto nel carcere di Melfi per associazione a delinquere di stampo mafioso e condannato, nel 2018, a 6 anni e 8 mesi di reclusione.

Così, accusa il senatore Pasquale Pepe (Lega), «potrà tornare in Sicilia un reggente di Cosa Nostra mai pentitosi, appartenente al mandamento di Corleone che è stato di Totò Riina, e sospettato di pianificare un attentato dinamitardo all’allora ministro dell’Interno, Angelino Alfano, dopo l’inasprimento del 41 bis. Nella richiesta di scarcerazione si segnala che le condizioni di salute del detenuto non sarebbero compatibili con l'emergenza da coronavirus».

Il legale di Pollichino, da parte sua, sostiene che «il Covid-19 non c'entra nulla. Ho presentato l'istanza di scarcerazione a dicembre scorso e c'erano tutti i motivi per la concessione dei domiciliari». Del dossier, presumibilmente, sarà chiamato ad occuparsi il 38enne Tartaglia, attualmente consulente della commissione Antimafia e oggi nominato vicecapo al Dap.

Già da alcuni giorni è stato scarcerato e si trova ai domiciliari anche Angelo Porcino, barcellonese. Porcino è stato coinvolto in alcune delle operazioni Gotha, le inchieste condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, che, in varie riprese, hanno inferto duri colpi alla famiglia mafiosa barcellonese. Il tribunale di Sorveglianza di Milano su richiesta dell’avvocato Tino Celi, difensore di Porcino, gli ha concesso i domiciliari per motivi di salute. Porcino si trovava nel carcere di Voghera dove stava scontando una condanna in continuazione proprio nell’ambito delle operazioni antimafia Gotha e Gotha 7. Più di recente, Porcino era stato coinvolto nell’operazione Dinastia, scattata lo scorso febbraio, con indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina sulla famiglia mafiosa dei barcellonesi.

Intanto al Dap arriva - nel ruolo di vicecapo - Roberto Tartaglia, per dieci anni sostituto procuratore della Repubblica a Palermo dove è stato delegato alla gestione di numerosi detenuti sottoposti al regime del 41 bis, da Salvatore Riina a Leoluca Bagarella ai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano.

«Un magistrato di grande valore, da sempre in prima linea contro la mafia», dice il guardasigilli Alfonso Bonafede. «Il segnale dato ai cittadini è che lo Stato non fa passi indietro», sottolinea il reggente M5S e viceministro dell’Interno Vito Crimi. Rimane dunque al suo posto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, finito nel mirino dopo le polemiche per le rivolte scoppiate nei penitenziari e per la questione dei boss scarcerati. Via Arenula sceglie però di affiancargli un nome di peso, con un curriculum antimafia che vuole essere un’assicurazione sulla rotta da imprimere all’amministrazione. Tutto ciò, in attesa del provvedimento cui sta lavorando il ministro Bonafede che punta a contenere le scarcerazioni disposte dai magistrati di sorveglianza per motivi di salute con un maggior coinvolgimento nelle decisioni della Direzione nazionale antimafia e delle Direzione distrettuali. Il Guardasigilli lo ha ripetuto anche oggi: «giovedì porteremo in consiglio dei ministri un decreto legge che contiene importanti novità».

Ed il presidente della Commissione Nicola Morra parla di «chiaro e determinato segnale di cambio di passo dal parte del ministero» ed una risposta «a chi crede che i mafiosi possano tornare a casa». Tartaglia, ricorda Morra, «ha fronteggiato, insieme a Nino Di Matteo, Vittorio Teresi e Francesco Del Bene il fondamentale processo Trattativa Stato Mafia, ma anche la gestione di detenuti come Riina, Bagarella, i fratelli Graviano. Sono soddisfatto di questa indicazione».

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