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In Sicilia il coronavirus rallenta ma non basta: l'esempio della Corea e l'app con un occhio alla privacy

Diciamolo piano, anzi sussurriamolo appena. Tocchiamo ferro e facciamo tutti gli scongiuri possibili e immaginabili, ma i dati sul diffondersi del coronavirus in Sicilia nelle ultime 48 ore sono stati certamente positivi, se non proprio incoraggianti, come ha dichiarato venerdì pomeriggio lo stesso assessore alla Sanità Ruggero Razza.

Una "due giorni" che fa sperare, in attesa del bollettino di oggi, dopo che si era vissuta una settimana con una continua, rapida e preoccupante crescita del contagio, con numeri che avevano fatto segnare un massimo, giovedì,  di 159 nuovi casi positivi (togliendo decessi e guariti) in sole 24 ore. A quel punto, temevano in molti, l'escalation sarebbe stata inesorabilmente. Magari lenta, ma inesorabile. Invece venerdì il dato è fortunatamente crollato a +73, rimanendo praticamente invariato ieri (+74). I malati in terapia intensiva ora sono 71, i ricoverati in ospedale 512.

Cosa ha portato questo? Oltre alla buona notizia di avere una minore crescita di casi in assoluto di coronavirus nell'Isola, l'ormai famosa "curva epidemiologica" ha visto il dato di incremento crollare: dal +17% di giovedì, uno più alti in assoluto in Italia, si è passati ad un molto più "tranquillizzante" +8,72%. In media nazionale.

In soldoni: in quella che l'assessore Razza aveva definito "la settimana dell'incremento" (che comunque c'è stato, i casi si sono raddoppiati in sette giorni), per fortuna non c'è stata la temutissima impennata della curva e dunque nessun dato esponenziale. E' invece salito, purtroppo, il tasso di mortalità dovuto al virus: 57 i decessi, in pochi giorni si è passati dal 2,8% al 4,1%. Inevitabile e triste, estremamente triste purtroppo, visto che i principali focolai sono stati nelle case di riposo, e dunque ad essere esposta la categoria più fragile come gli anziani.

Dunque, la Sicilia è fuori pericolo dal diventare una "nuova Lombardia", per la diffusione locale del virus? No, purtroppo ancora no. Il presidente Musumeci ha detto più volte che il picco ci sarà tra la prima settimana e la metà di aprile, dunque ci attendono ancora almeno altri 15-20 giorni di attesa e sofferenza, dove i contagi potrebbero arrivare anche a 7000 (la stime più pessimistica della Regione).

Dopo, e solo dopo, allora si potranno tirare le somme, anche se non definitive.  Nessuna illusione, dunque. La Sicilia, per il momento, ha retto bene l'urto e soprattutto sembra aver assorbito discretamente il grande esodo avvenuto tra il 7 e 9 marzo dalle regioni del nord, epicentro dell'epidemia di coronavirus, ma come ha avvertito qualche giorno fa l'epidemiologo Pierluigi Lopalco, uno dei maggiori esperti europei e consulente della Regione Puglia per questa emergenza, "gli effetti di quell'ondata non si vedranno subito, dopo 14 giorni, ma ci vuole un pò più di tempo".

Proprio per evitare questo e non affidarsi alla fortuna o ad altro, la Sicilia ha intrapreso diverse strade, cercando non di copiare ma di imitare chi fino a questo momento, in questa terribile battaglia contro il virus, ha avuto delle idee se non vincenti, quantomeno buone. Fare più tamponi ad esempio: ieri sull'Isola si è arrivati a farne (anche grazie all'introduzione dei nuovi laboratori, che ora sono 20) ben 2017 in 24 ore, quinta regione come dato giornaliero e prima in assoluto al sud. In tutto la Sicilia ne ha fatti poco più di 13000, settima come numero in Italia dall'inizio dell'emergenza.

Questo, come già spiegato, permette di circoscrivere il più possibile degli eventuali focolai (come successo  fino ad ora a Messina, Troina, Villafrati, Agira e Salemi ad esempio), la stessa metodologia utilizzata in Veneto o in Corea del Sud. Inoltre la Sicilia è in fondo alla classifica nella percentuale tra contagi e popolazione, insieme alla Campania: ad oggi, "solo" lo 0,027% dei siciliani è stato infettato dal Covid-19.

Tamponi a parte, da ieri c'è un'altra novità sull'Isola, che richiama il modello sudcoreano: siamo tra le prime regioni a farlo), ma a differenza di quello che succede nel paese asiatico, nessun obbligo e dunque con un occhio alla privacy.

Quest'ultimo tema vale la pena di sottolinearlo: si è molto, molto lontani dalla tecnologia e dagli standard di Seul, dove per tracciare gli infetti e i loro contatti si rendevano pubblici spostamenti e dati sensibili degli utenti, con tracciamenti anche delle carte di credito.

In quel caso, l'app avvertiva tutta la nazione che l'infetto (comunque anonimo) aveva frequentato X posti nelle ultime ore e negli ultimi giorni. Milioni e milioni di persone dunque sapevano che "l'untore" era stato in tale ristorante, tale palestra, tale mezzo di trasporto in un determinato giorno e una determinata città. E qualche volta, ci è scappato anche il nome, alla faccia dell'anonimato.

Metodo, però, che in Corea ha funzionato, con un numero davvero esiguo di vittime in confronto all'ecatombe europea (144 in tutto su 9500 casi) e soprattutto non c'è stato bisogno, in nessuno momento, di un "lockdown" totale della Nazione, come sta succedendo in Italia e in molte altre parti del mondo. Per stessa ammissione dei coreani,  si è messo al primo posto il diritto alla salute del cittadino piuttosto che quello della privacy.

Tornando all'Isola, «Sicilia si cura» è un applicazione digitale dedicata al monitoraggio attivo di uno dei principali veicoli di ingresso del virus: i contagiati asintomatici che inconsapevolmente agiscono da moltiplicatori di esposizione al rischio da Covid-19. Quanti, con grande senso di responsabilità, si sono registrati attraverso i canali messi a disposizione dalle autorità sanitarie, come il sito www.siciliacoronavirus.it, hanno ricevuto via sms e mail un username e un link per la creazione della password che permetterà l’accesso alla webapp. Dunque, nessun obbligo per l'utente, ma un invito a collaborare, questo senza dubbio, per uno strumento che potrebbe rivelarsi utilissimo.

Gli utenti registrati potranno far conoscere il loro stato di salute aggiornandolo fino a due volte al giorno, avranno la possibilità di fornire ogni informazione utile su contatti con altre persone, il luogo in cui si trovano in isolamento creando così un flusso continuo di informazioni fondamentali per il sistema di gestione dell’emergenza.Il tutto nel pieno rispetto della privacy. L’obiettivo è quello di fornire ogni assistenza necessaria, ma anche prevenire l’insorgenza di eventuali focolai nel territorio siciliano.

Per utilizzare il servizio, intatti, l’utente, utilizzando il proprio smartphone o tablet, dovrà essere geolocalizzato nel territorio della Regione Siciliana. Il servizio è stato messo a punto dalla Regione Siciliana attraverso la sinergia tra assessorato della Salute e Protezione civile regionale e a breve sarà disponibile anche una versione scaricabile dagli store digitali.

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