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Coronavirus, rivolta al carcere di Modena: muore un detenuto

Un detenuto è morto nel corso della rivolta scoppiata nel pomeriggio al carcere di Modena. Lo confermano alcune fonti all’ANSA. Sono in corso le indagini per capire in quale circostanza sia avvenuto il decesso. In tarda serata il personale della polizia penitenziaria è rientrato dentro il carcere.

Ieri Salerno, oggi Modena, Napoli e Frosinone, ma anche Vercelli, Alessandria, Foggia. L’onda lunga del coronavirus arriva nelle carceri italiane e si trasforma in protesta, quando non in aperta rivolta. A Modena nel primo pomeriggio i detenuti, protestando per le misure di prevenzione per il Covid-19, si sono barricati nell’istituto. Due agenti sono rimasti lievemente feriti nelle fasi più concitate, prima che il personale del carcere - una ventina tra poliziotti e sanitari - fosse fatta uscire.

Sul posto è arrivato anche il prefetto, assieme alle forze di polizia che si sono schierate di fronte alla struttura da cui è stato visto uscire del fumo, probabilmente a causa di un incendio di materassi. Secondo il Sap, il sindacato della polizia penitenziaria, i carcerati "chiedono provvedimenti contro il rischio dei contagi" spiega il segretario Aldo Di Giacomo.

La sospensione dei colloqui, prevista dalle misure anti-coronavirus, è alla base della protesta nel carcere napoletano di Poggioreale, dove alcuni detenuti sarebbero saliti sui muri del cosiddetto 'passeggiò, nella zona interna del penitenziario. Parallelamente, al di fuori del carcere, c'è stata la protesta dei parenti dei carcerati, anche loro per lo stesso motivo. Indulto, amnistia o arresti domiciliari ciò che hanno chiesto per i loro familiari reclusi, bloccando anche il passaggio dei tram. La protesta è rientrata nel tardo pomeriggio.

Le misure sui colloqui previste dal dpcm anti-coronavirus (vanno usate modalità telefoniche o video) sono state la scintilla che ha fatto sollevare anche i detenuti di Frosinone: un centinaio si sono barricati all’interno della seconda sezione, da cui è stato visto provenire fumo.

Sul posto è accorso il garante regionale Stefano Anastasia: «Per il momento - riferiva nel tardo pomeriggio - siamo in fase di attesa. Non si vuole fare alcuna azione di forza per non creare tensioni. Siamo in trattativa». A Frosinone comunque non ci sono stati episodi di violenza contro il personale: «La situazione da questo punto di vista - aggiunge il garante - è relativamente pacifica».

«Il nuovo decreto legge - il commento di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, l'associazione per i diritti dei detenuti - contiene l’apertura a misure come l’aumento della durata delle telefonate e l'incentivo ad adottare misure alternative e di detenzione domiciliare. Ci appelliamo dunque ai direttori delle carceri e ai magistrati di sorveglianza».

«L'emergenza Coronavirus non dev'essere la scusa per spalancare le porte delle case circondariali - reagisce però il leader della Lega Matteo Salvini - Solidarietà alla polizia penitenziaria e a tutte le forze dell’ordine: Bonafede troverà il tempo di occuparsi anche di loro?».

Solidarietà agli agenti anche dalla capogruppo FI alla Camera Maria Stella Gelmini. E c'è il timore che ora la protesta si allarghi ancora: «Il tam tam - secondo la leader dell’Associazione nazionale dei dirigenti e funzionari di polizia penitenziaria Daniela Caputo - creerà presto un effetto emulazione».

La dirigente propone il pugno di ferro: «l'esercito intorno a tutti i muri di cinta, punizione severa di coloro che stanno fomentando le rivolte, interdizione da subito di ogni accesso a esponenti o associazioni che in ragione delle loro campagne storiche di tutela e promozione dei diritti dei detenuti possano vedere la loro voce strumentalizzata da facinorosi e violenti». (ANSA)

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