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Niente multe ai padri che non si occupano dei figli

I padri - e in generale i genitori non collocatari - che non esercitano il diritto di visita stabilito dal giudice, non possono essere puniti con sanzioni economiche che li spingano a frequentare i figli. Lo sottolinea la Cassazione che ha annullato le multe da cento euro a un padre renitente per ogni incontro saltato con il figlio minore. Per gli ermellini, il diritto di visita non si può monetizzare ed «è destinato a rimanere libero nel suo esercizio». Meglio pensare a percorsi «condivisi» per migliorare i rapporti.

Con questo verdetto i supremi giudici hanno accolto il ricorso di un papà impreparato che ha protestato contro le
sanzioni da cento euro per ogni incontro mancato - o meglio evitato - con suo figlio, nato nel 2003 e oggi adolescente, riconosciuto dopo una lunga causa sulla paternità. L’uomo rifiutava il rapporto e non frequentava Lorenzo, ormai
diciassettenne, sottraendosi al diritto di visita stabilito dal Tribunale di Chieti che, per costringerlo ad occuparsi del
figlio, aveva deciso che il padre sfuggente versasse alla madre del ragazzino cento euro per ogni incontro saltato.

Anche la Corte d’appello de L’Aquila nel 2018 aveva confermato le sanzioni. Il padre multato ha protestato sostenendo che il diritto di visita è libero e «non coercibile». Gli ermellini gli hanno dato ragione: non è prevista la «coercibilità in via indiretta», meglio azionare progetti condivisi, e solo in casi eccezionali arrivare all’affidamento esclusivo o alla decadenza della potestà genitoriale. Monetizzare, dice la Cassazione, significherebbe «banalizzare un dovere essenziale del genitore».

«La questione che viene in esame da questa Corte - spiega il verdetto, relatrice Sara Scalia - è quella di stabilire se il
diritto-dovere del genitore non collocatario, ferma l'infungibilità della condotta, sia suscettibile di coercibilità in via indiretta», ossia se fermo restando che non si possono pretendere prestazioni alternative, in quanto il ruolo del
genitore è insostituibile, sia possibile prendere provvedimenti che lo spingano ad esercitarlo. A fare il genitore, insomma.

Spiega il verdetto che il diritto-dovere di visita "costituisce una esplicazione della relazione fra il genitore e il figlio che può trovare regolamentazione nei suoi tempi e modi, ma che non può mai costituire l’oggetto di una condanna ad
un facere sia pure infungibile». Infliggere multe «si pone in evidente contrasto con l’interesse del minore il quale viene a subire in tal modo una monetizzazione preventiva e una conseguente grave banalizzazione di un dovere essenziale del genitore nei suoi confronti, come quello alla sua frequentazione». Ciò non significa che se il genitore che rifiuta il suo ruolo «permanga nel suo comportamento», non ci sia nulla da fare. «Possono essere non solo modificati i provvedimenti de potestate sino alla decadenza stessa dalla responsabilità genitoriale». In proposito, la Cassazione sottolinea che non si possono fare le multe, ma si possono prendere contromisure. «All’inerzia del genitore non collocatario» si può rispondere, nei casi più gravi, con l'affidamento esclusivo all’altro genitore, la decadenza della patria potestà, l’adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale. Fino ad arrivare alla "responsabilità penale» per violazione degli obblighi di assistenza familiare quando il disinteresse per il figlio si traduce nella «sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali» che mette «seriamente in pericolo il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore».

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