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Mafia, Ingroia: "Da Consiglio di Stato nuovo ripristino scorta"

Antonio Ingroia

«Ieri il Consiglio di Stato per la seconda volta ha ordinato che mi venisse ripristinata la scorta che il ministero dell’Interno retto dall’allora ministro Minniti e subito dopo dal ministro Salvini mi avevano tolto. Per la seconda volta la magistratura mi restituisce ciò che la politica di sinistra prima e di destra poi mi ha tolto, e cioè il riconoscimento del lavoro che ho svolto e svolgo, da più di 30 anni ormai, contro poteri criminali di ogni tipo, mafiosi e di Stato, e dei rischi che ho corso e corro tuttora». E’ quanto afferma l’avvocato Antonio Ingroia, definendo «indicativo» il fatto che il riconoscimento del Consiglio di Stato coincida con «il giorno in cui davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria come avvocato di parte civile dei carabinieri Fava e Garofalo, uccisi dalla mafia, ho interrogato il capomafia e pluriergastolano Giuseppe Graviano, già condannato fra l’altro per l’omicidio di Padre Puglisi e per le stragi di Palermo, Roma, Firenze e Milano».

«Ebbene - ricorda l’ex pm - dopo aver subìto nel primo anno senza scorta un’intrusione nella mia abitazione romana e anche un incendio doloso, questa decisione del Consiglio di Stato ordina l’immediato ripristino della scorta: io e la mia famiglia ci chiediamo cosa farà questa volta la politica? Cosa farà il ministero dell’Interno di questo 'nuovo' governo attraverso la commissione dell’Ucis, che già per ben due volte mi ha tolto ogni protezione?».

«La politica in Italia pare debba sempre avere l’ultima voce in capitolo - conclude Ingroia - e intanto la prima ordinanza del Consiglio di Stato è stata 'totalmente' ignorata. Chissà se questa volta la politica di turno riconoscerà la scorta a chi viene da quel mondo difficile dello scontro vero con la vera mafia e che tuttora affronta i veri pericoli ma che, a differenza dei tanti politici superscortati, non deve fare la spola fra le passerelle televisive e i palazzi del potere. Ed oggi, si badi bene, si tratta solo di eseguire un’ordinanza del Consiglio di Stato, il più alto organo della giustizia amministrativa».

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