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Stato-mafia: si riapre il dibattimento, sarà sentito anche Berlusconi

Silvio Berlusconi

La Corte di assise di appello di Palermo ha deciso di riaprire l’istruttoria dibattimentale per sentire l’ex premier Silvio Berlusconi. La Corte d’assise ha così accolto la richiesta avanzata dai legali di Marcello Dell'Utri a cui si era associata la procura generale, che rappresenta l’accusa.

La Corte ha inoltre ammesso, tra gli altri, l’esame dell’ex senatore ed ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro (riguardo ai suoi colloqui avuti con Paolo Borsellino): l’esame di Berlusconi e Di Pietro è fissato per il 3 ottobre prossimo.

La Corte presieduta da Angelo Pellino ha deciso anche un nuovo esame per Luciano Violante, per i direttori dei penitenziari di Tolmezzo e Milano Opera. Rigettate le richieste di audizioni per Bruno Contrada, l’ex generale del Ros Antonio Subranni e Calogero Mannino, del pm Michele Prestipino e dell’ex procuratore di Palermo, Pietro Grasso.

La richiesta di citare a deporre l’ex premier è stata fatta dall’avvocato Francesco Centonze, legale di dell’Utri, ex senatore di Fi condannato in primo grado a 12 anni per minaccia a Corpo politico dello Stato, nell’atto di impugnazione della sentenza. Berlusconi che le motivazioni del primo verdetto dipingono come vittima della minaccia stragista rivolta da Cosa nostra allo Stato, per il tramite di Dell’Utri, non è mai stato sentito in aula, né in fase d’indagine. Una circostanza che, secondo il legale, andrebbe sanata essendo l’esame di Berlusconi "una logica conseguenza dalla qualifica di persona offesa attribuita al medesimo nella sentenza impugnata in quanto destinatario finale della "pressione o dei tentativi di pressione di Cosa nostra».

La Corte - scrive l’avvocato - «con doti divinatorie, prima profetizza che Silvio Berlusconi, se chiamato a deporre si sarebbe certamente avvalso della facoltà di non rispondere e, poi, deduce da questo dato futuribile e privo di qualsiasi aggancio nell’istruttoria la superfluità e comunque la non assoluta necessità della sua testimonianza».

«Si tratta evidentemente di argomentazioni prive di qualsiasi rilevanza rispetto ai presupposti di attivazione del potere-dovere del giudice di disporre un’integrazione probatoria - spiega - che, giova ribadirlo, ha lo scopo fondamentale di assicurare la completezza dell’accertamento probatorio e evitare che si pervenga a condanne ingiuste».

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