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Mafia, respinta la richiesta di arresti domiciliari per Giovanni Brusca: non ha chiesto perdono

Giovanni Brusca al momento dell'arresto

Il tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta di detenzione domiciliare avanzata dai legali dell’ex capomafia Giovanni Brusca, da anni collaboratore di giustizia.

Condannato per decine di omicidi e stragi, tra cui quelle di Capaci e Via D’Amelio, e per aver fatto rapire e uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, Brusca venne arrestato a maggio del 1996.

L’ex boss Giovanni Brusca, pur avendo fatto una revisione critica delle sue azioni criminali, non ha compiuto quel percorso diretto alla manifestazione di un vero e proprio pentimento civile che è necessario per poter godere della detenzione domiciliare». Lo scrivono i giudici del tribunale di sorveglianza di Roma nel provvedimento con cui respingono l’istanza di arresti domiciliari presentata dal capomafia stragista, da anni collaboratore di giustizia.

«Nonostante Brusca abbia compiuto sforzo per chieder scusa alle vittime - scrivono - non ha ancora percorso il cammino dell’emenda verso di loro mostrando ancora di non serbare nessun interesse a risarcirle anche simbolicamente». L’ex boss
sottolineano i magistrati si è giustificato sostenendo di non voler mortificare le vittime chiedendo loro scusa. Una giustificazione che adduce un pudore «non credibile per chi si è macchiato di efferati delitti tra cui l’uccisione di bambini e che ha mietuto vittime in modo indiscriminato».

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