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Mafia, le indagini della Dia su Carmelo Patti: "Legami con cosa nostra"

Dai componenti per l’industria degli elettrodomestici dell'azienda Cablelettra al gruppo dei villaggi turistici della Valtur. L'impero di Carmelo Patti, deceduto il 25 gennaio 2016, è al centro di un'operazione di sequestro e confisca condotta dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo. Il decreto del Tribunale di Trapani, su proposta del direttore nazionale della Dia, fa passare allo Stato un patrimonio di 1,5 miliardi di euro.

Le indagini, svolte dalla Dia, sono state coordinate dal procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Marzia Sabella e dal sostituto procuratore della Dda Pierangelo Padova in collaborazione con il sostituto procuratore di Trapani, Andrea Tarondo. Un ruolo di primo piano hanno avuto le dichiarazioni di collaboratori di giustizia  come Angelo Siino, Giovanni Ingrasciotta ed Antonino Giuffrè. A supporto anche gli accertamenti bancari, che hanno evidenziato una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati, e che hanno permesso di accertare i legami di Patti con numerosi personaggi organici alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, capeggiata dal super latitane Matteo Messina Denaro.

Una figura cardine è stata quella di Michele Alagna, fratello di Franca Anna Maria, la donna che ha dato al super latitante Matteo Messina Denaro, una figlia, non riconosciuta, Lorenza.

L'attenzione degli inquirenti si è focalizzata inizialmente sul coinvolgimento negli anni Novanta di Patti in un'indagine per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e all'evasione dell'Iva nella quale rimasero coinvolti numerosi personaggi poi risultati vicini ad ambienti mafiosi.

Michele Alagna, in particolare, ha ricoperto importanti cariche sociali nelle imprese del gruppo, diventando sindaco effettivo o supplente -, presidente del collegio sindacale o amministratore di molte società della catena aziendale. Alagna aveva, inoltre, delega ad operare su una molteplicità di conti correnti, movimentando somme di rilievo in entrata e in uscita. Inoltre custodiva gioielli ed oggetti preziosi di proprietà della famiglia Patti conservati in cassette di sicurezza. Curava ogni procedura economica d’interesse per le aziende. Per gli inquirenti era “un vero e proprio alter ego di Carmelo Patti in nome e per conto del quale era autorizzato a mantenere rapporti con terzi”.

"Carmelo Patti e il suo commercialista Michele Alagna, inizialmente insegnante, si sono conosciuti un giorno dal barbiere negli anni '70 -ha spiegato Governale -. Patti è stato affascinato dalla figura di Alagna, che da quel giorno diventerà il commercialista con un solo cliente".

Dagli accertamenti sono emersi anche collegamenti e rapporti intrattenuti da Patti con Paolo Forte organico alla famiglia mafiosa diretta da Matteo Messina Denaro e con Rosario Cascio, indiziato mafioso, il cui patrimonio veniva sequestrato e confiscato dalla Dia.

Il direttore della Dia Giuseppe Governale ha spiegato: “L’impero di Carmelo Patti era costituito da un sistema di piccole aziende che sono state messe appositamente nell’area di Castelvetrano e che hanno messo su un sistema efficace di elusione e questo è stato possibile perché cosa nostra aveva interesse a spartirsi questo patrimonio”.

Ma non solo.  “La promiscuità con gli ambienti malavitosi è stata confermata anche ricostruendo le operazioni economiche della Cable Sud - spiegano gli inquirenti - da cui sono risultati versamenti, prelevamenti e cambi assegni sui conti di alcuni personaggi di rilievo della criminalità organizzata, vicini a Matteo Messina  Denaro, tra cui Santo Sacco, ex sindacalista Uil e postino di pizzini del noto latitante, sul cui conto corrente e su quello della sorella Rosanna sono transitate rilevanti somme provenienti dalle aziende coinvolte nella frode perpetrata dalla Cable Sud”.

"Quando lo Stato ha affrontato le sfide con lo spirito del burocratese del disinteresse effettivo e sostanziale di facciata nella gestione dei beni confiscati, ha perso - ha aggiunto Governale - Io penso che quelle pagine stanno alle spalle. Lo Stato è capace di costruire anticorpi di rigenerarsi magari lentamente e di colpire. Oggi siamo di fronte ad una sfida: il Parlamento è intervenuto recentemente rimodulando l'agenzia dei beni confiscati. Siamo davanti ad una sfida soprattutto per le migliaia di dipendenti che lavorano nelle aziende confiscate a Patti".

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