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Allerta terrorismo a Roma, il tunisino rintracciato: "Non sono in fuga". La moglie vive in Sicilia

Atef Mathlouthi

ROMA. «Non sono in fuga, non sono scappato». Così Atef Mathlouthi, il tunisino ricercato da ieri per una segnalazione su possibili attentati a Roma, che è stato rintracciato da «Chi l’ha visto?».

«Ora denuncio tutti - minaccia Atef - io lavoro in un bar per mandare i soldi a mia moglie e alle bambini; dal 2012 non sono più uscito dalla Tunisia, sono a Mahdia. Ieri sono andato a lavorare e ho trovato il bar circondato dalla polizia, mi hanno detto che sono ricercato a Roma.. magari mi portassero a Roma», ha aggiunto Atef raccontando che gli è stato riferito di una lettera anonima recapitata all’ambasciata . «Hanno fatto spaventare mia moglie e i miei figli. Mia madre è in ospedale in Francia».

«Rientrato l’allarme del cittadino tunisino» ma «la vicenda è in fase di ulteriore approfondimento». Così la Questura di Roma in una nota riguardo la segnalazione da parte dell’ambasciata italiana a Tunisi contenuta in una missiva anonima in cui si parlava di una possibile minaccia terroristica in Italia, in particolare nel centro di Roma, ad opera del cittadino tunisino Atef Mathlouthi, 41enne, ritenuto appartenente al Daesh.

«Il cittadino tunisino al momento non è ritenuto un pericolo concreto e attuale -spiega la nota- La vicenda è in fase di ulteriore approfondimento, ma non ha determinato alcuna allerta in considerazione del fatto che, l’innalzamento standard della misure di sicurezza per Pasqua era stato già pianificato».

«Io sono italiana e vivo in Sicilia; mio marito è in Tunisia, vive e lavora lì per mantenere i nostri figli e perché ha il permesso di soggiorno scaduto, da anni non riesce a rientrare in Italia. Così separati viviamo malissimo, abbiamo 4 bambini, vogliamo che lui rientri. Uno dei nostri figli, dopo le notizie di ieri, non mangia, si è spaventato molto e non è voluto andare a scuola». Così Beatrice, moglie di Atef Mathlouthi, il tunisino ricercato da ieri per una segnalazione su possibili attentati a Roma, parlando a telefono con «Chi l’ha visto?».

«Ieri è arrivata la polizia; mi è stato detto che mio marito era ricercato a Roma; io due settimane fa sono andata a trovarlo come si vede nelle foto: l’accusa che gli viene mossa è assurda, mio marito non è a Roma», prosegue Beatrice, la quale accenna ad un problema di lavoro tra suo marito e il marito di una donna in Tunisia.

Il legale della famiglia, l’avvocato Cacioppo, anch’egli in collegamento telefonico con Chi l’ha visto, racconta che la lettera anonima arrivata all’ambasciata che accusa Atef sarebbe "frutto di un contenzioso economico con il compagno della signora che ha mandato la lettera. Ma a nostro avviso non ci sono elementi per sostenere elementi del genere, è una accusa infondata. Atef ha sempre seguito le vie legali per ottenere i visti, non si è mai sottratto ai controlli di polizia, non ha nessun aggancio a Roma né interessi di alcun genere. Proveremo a dimostrare la sua innocenza: si tratta di una accusa ingiusta e diffamante".

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