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Mafia Capitale, condanne per 250 anni: cade l'accusa di associazione mafiosa

ROMA. Non era mafia il "mondo di mezzo". Non c'era "un'associazione di stampo mafioso operante a Roma e nel Lazio" che, "con la forza dell'intimidazione, l'omertà e il vincolo associativo" si è impadronita della politica romana, gestendo in modo diretto o indiretto appalti, concessioni, autorizzazioni, servizi pubblici.

E' una sentenza che non lascia margine di equivoco quella della X sezione penale del tribunale di Roma nei confronti dei 46 imputati del processo a 'Mafia Capitale'. Il presidente Rossana Ianniello impiega mezzora per leggere il dispositivo, ma il cuore del processo è tutto nei primi cinque minuti: l'accusa di 416 bis per 19 imputati, tra cui l'ex Nar Massimo Carminati e il ras delle cooperative Salvatore Buzzi, ritenuti dalla procura i capi dell'associazione passata "dalla strada agli appalti", viene derubricata in 416, vale a dire associazione semplice.

E se la Corte non riconosce il reato di associazione mafiosa, nega anche la sola aggravante del metodo mafioso. Un terremoto - dopo un anno e mezzo di processo, centinaia di udienze, decine di migliaia di intercettazioni - che certifica il rovesciamento della linea della procura di Roma. C'era sì un'associazione, dice in sostanza il tribunale. Anzi due, che dialogavano tra loro e la cui cerniera era di fatto Carminati. Ma entrambe non hanno i tratti della mafia.

Ad ascoltare c'è anche il sindaco Virginia Raggi. "E' una vittoria dei cittadini - dice - ma non abbassiamo la guardia perché del malaffare paghiamo ancora il prezzo". Dalla lettura del tribunale discendono 41 condanne, comunque pesanti visti i tanti episodi di corruzione, ma anche e soprattutto un ridimensionamento delle richieste della procura: dei 5 secoli totali di carcere chiesti, il tribunale ne riconosce la metà, infliggendo agli imputati poco più di 250 anni.

Carminati ne dovrà scontare 20. L'ex Nar ascolta a braccia conserte la lettura della sentenza: niente saluti fascisti né braccia al cielo, stavolta. "Non me l'aspettavo, avevi ragione tu ad essere ottimista - dice al suo avvocato al telefono subito dopo il verdetto - ora mi devono togliere subito dal 41 bis". Per Buzzi, invece, gli anni di carcere sono 19. "Mi auguro che la mia permanenza in carcere stia per finire".

Al momento il tribunale ha confermato la custodia sia l'ex Nar sia il ras delle cooperative, mentre per altri 17 imputati è stata disposta la scarcerazione. Tra questi l'ex Ad di Ama Franco Panzironi, condannato a 10 anni, uno in meno di quanto inflitto all'ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio Luca Gramazio e al presunto braccio destro del 'Cecato', Riccardo Brugia. Sei invece gli anni per l'ex presidente dell'assemblea capitolina Mirko Coratti. Ma non solo.

Ci sono altre due decisioni del Tribunale che sconfessano la linea scelta dai pm. La prima riguarda Luca Odevaine, l'ex uomo forte del Pd che sedeva al tavolo sull'immigrazione del Viminale e che aveva già patteggiato, ammettendo le sue responsabilità, una condanna a 2 anni e 8 mesi in un processo collegato. La procura aveva chiesto nei suoi confronti 2 anni e 6 mesi per corruzione, il Tribunale gliene ha inflitti 6 e sei mesi, che diventano 8 in continuazione con i precedenti.

La seconda scelta riguarda invece l'ipotesi di un collegamento tra 'Mafia Capitale' e la 'ndrangheta. I due presunti esponenti delle cosche, Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, nei confronti dei quali i pm avevano chiesto 16 anni per associazione mafiosa, sono stati assolti per non aver commesso il fatto. I due si aggiungono agli altri 3 assolti: l'ex dg di Ama Giovanni Fiscon, l'ex sindaco di Castelnuovo di Porto Fabio Stefoni e Giuseppe Mogliani.

"Le sentenze si rispettano e con questa sentenza sono state date anche condanne alte" commenta a caldo il procuratore aggiunto Paolo Ielo, che con i sostituti Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli ha sostenuto l'accusa. Ma non può fare a meno di ammettere che "i giudici ci danno torno in alcuni punti, mentre in altri riconoscono il lavoro fatto in questi anni". Con il procuratore capo Giuseppe Pignatone, che oggi non era in aula, ora dovrà valutare se fare appello.

"Attenderemo le motivazioni" si limita a dire per ora Ielo. Non attendono per esultare, invece, le difese. Un minuto dopo la lettura della sentenza, Giosuè Naso attacca: "Questo processo ha certamente uno sconfitto, che è Pignatone. La sentenza è un modo serio di riconoscere il sacrifico di Borsellino, non si deva fare il professionismo dell'antimafia". "Mafia Roma non esiste e la presa d'atto dell'inesistenza dell'associazione di stampo mafioso - prosegue l'avvocato di Carminati - ha provocato una severità assurda. Non si è mai visto che su 46 imputati neanche uno meriti le attenuanti generiche. Pene date per compensare lo schiaffo morale che è stato dato alla procura". Dello stesso tenore le parole di Alessandro Diddi, legale di Buzzi. "Abbiamo vinto. Abbiamo sempre sostenuto che la mafia a Roma non esiste e questa sentenza lo dimostra. Abbiamo liberato questa città da una mafia costruita".

 

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