Tre palermitani uccisi per la strage di Villarbasse: 70 anni fa l'ultima condanna a morte in Italia
ROMA. Risale a 70 anni fa - il 4 marzo 1947 - l'ultima condanna a morte eseguita in Italia. E ad essere fucilati da un plotone di 36 agenti, al poligono di tiro delle Basse di Stura, vicino a Torino, furono tre siciliani: Giovanni Puleo, Francesco La Barbera e Giovanni D’Ignoti, tutti di Mezzojuso, ritenuti responsabili della strage di Villarbasse. Si tratta della strage avvenuta due anni prima - il 20 novembre 1945 - in cui i tre, insieme a un quarto complice (Pietro Lala, ucciso poi in un regolamento di conti tra malavitosi), fecero irruzione nella cascina del Torinese con l'intenzione di compiere una rapina ai danni dell'avvocato Massimo Gianoli. A uno di loro però cadde la maschera che copriva il volto. Una volta riconosciuti, i quattro presero la decisione più drastica: uccidere tutti i testimoni. Dieci persone, 6 uomini e 4 donne, vennero massacrate a bastonate e gettate ancora vive in una cisterna. Le indagini per la ricostruzione del massacro andarono avanti per più di un anno fino a quando il ritrovamento dei resti di una giacca con un’etichetta di una sartoria di Caltanissetta diede una svolta alle indagini. Le ricerche si intensificano e seguono i primi arresti, mentre venivano scandagliati i pozzi della Simonetto senza risultati. Il mistero viene definitivamente risolto il 25 marzo del 1946 quando la polizia rivelò il fermo di tre uomini: uno a Torino, Giovanni D’Ignoti, e due in Sicilia, Giovanni Puleo e Francesco La Barbera. Il primo a cadere nella rete degli inquirenti fu Giovanni D’Ignoti che, dopo l'arresto, confessò rivelando l’identità dei complici. Il processo, iniziato il 2 luglio, si conclude il 5 luglio 1946 con una sentenza di condanna a morte per tutti gli imputati. Un'esecuzione storica in quanto la decisione di abrogare la pena di morte era già stata presa, ma l'abolizione avvenne solo con la promulgazione della Costituzione repubblicana entrata in vigore l'1 gennaio 1948. Ciò nonostante la particolare efferatezza del delitto sollevò l'indignazione dell'opinione pubblica e spinse De Nicola a rifiutare la grazia, rendendo la strage di Villarbasse l'ultimo reato per cui sia stata applicata la pena di morte in Italia.