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Attentati a Falcone e Borsellino, mandato d'arresto per Messina Denaro

 ROMA. Matteo Messina Denaro come Totò Riina: mandante della stragi di Capaci e di via D'Amelio. È questa l'ipotesi della Dda di Caltanissetta, sulla base della quale il gip del tribunale nisseno ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti del super ricercato di Cosa nostra. Il provvedimento cautelare è affidato per l'esecuzione alla Dia e segue a una serie di ordinanze emesse tra 2012 ed 2013 dallo stesso Ufficio Gip nei confronti di diversi esponenti mafiosi ritenuti, a vario titolo, responsabili delle stragi del 1992. Capo della cosca di Castelvetrano, nel trapanese, Messina Denaro è stato killer di fiducia di Riina e Provenzano.

Il primo ordine di custodia cautelare per lui arriva nel 1993, per omicidio. Ed è solo l'inizio di una lunga serie di mandati, spiccati mentre lui, da oltre vent'anni, è latitante e persino sul suo volto non ci sono che identikit. Messina Denaro fu tra gli organizzatori del rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un collaboratore di giustizia, strangolato e sciolto nell'acido da Brusca nel '96. È stato condannato per le stragi del 1993 a Roma, Firenze e Milano, con l'accusa di aver custodito in una cava del trapanese una parte dell'esplosivo usato per le bombe agli Uffizi di Firenze e alla chiesa di San Giorgio al Velabro a Roma.

Ora si profila un'ulteriore accusa: quella di essere stato, anche lui, una delle 'mentì delle stragi in cui, nel '92, persero la vita Giovanni Falcone, il 23 maggio, e Paolo Borsellino, il 19 luglio. Matteo Messina Denaro - si legge nell'ordinanza del Gip - «partecipava e ideava un programma criminale teso a destabilizzare le istituzioni e concorreva a deliberare l'esecuzione del piano di uccisione del dottor Falcone». Non solo. «Entrava a far parte di un gruppo riservato creato da Totò Riina e alle dirette dipendenze di quest'ultimo» per organizzare a Roma un attentato che aveva come obiettivi lo stesso Falcone, l'allora ministro della giustizia Claudio Martelli e il conduttore televisivo Maurizio Costanzo.  Troverebbero così riscontro le dichiarazioni di numerosi 'pentitì che nel tempo hanno parlato del suo ruolo di mandante degli attentati ai giudici Falcone e Borsellino.

Come raccontato più volte dai pentiti Vincenzo Sinacori e Francesco Geraci, Messina Denaro avrebbe preso parte, a settembre del 1991, al summit mafioso di Castelvetrano in cui sarebbe stato pianificato il progetto della strage di Capaci. Alla riunione c'erano anche boss come Riina e Giuseppe Graviano. Più collaboratori di giustizia hanno riferito inoltre che Messina Denaro partecipò alla «missione» del commando che avrebbe dovuto assassinare Falcone a Roma, azione che la mafia voleva mettere a segno alla fine di febbraio del 1992, ma che fallì. E aveva progettato l'assassinio di Borsellino fin da quando questi era procuratore di Marsala.

La Procura di Caltanissetta, che dal 2008, dopo il pentimento di Gaspare Spatuzza, sta cercando di riscrivere la verità sui due attentati di Capaci e di via D'Amelio, ha messo insieme gli elementi raccolti individuando mandanti ed esecutori materiali rimasti per lungo tempo impuniti. Del super latitante ancora non c'è traccia, ma da almeno un paio d'anni attorno a lui si sta facendo terra bruciata e numerosi componenti della sua famiglia sono finiti in carcere.

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