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La visita di papa Francesco in Africa:
"La povertà provoca il terrorismo"

Al comandante che gli ha promesso che avrebbero fatto di tutto per consentirgli anche la tappa centrafricana, Francesco ha risposto: «Io voglio andare in Centrafrica, se non ci riuscite, datemi un paracadute!»

NAIROBI.  Andare avanti «senza paura», nella lotta a «violenze, conflitti, terrorismo e povertà». «L'esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione».  È una denuncia e insieme un messaggio di fiducia, nonostante le tensioni mondiali, quello con cui il Papa si è presentato a autorità e corpo diplomatico del Kenya, nella State House di Nairobi, prima occasione ufficiale di questo viaggio che lo porterà anche in Uganda e nella Repubblica centrafricana.

I valori africani di tutela del creato come stimolo ai «governanti» per «promuovere modelli responsabili di sviluppo economico» e investire e proteggere i giovani, «la risorsa più preziosa di ogni Paese» sono gli altri due elementi che papa Francesco ha indicato nel discorso nella State House dove è stato accolto dagli inni, da 21 salve di cannone, e, con grande calore, dal presidente Uhuru Kenyatta. I diplomatici lo hanno ascoltato con attenzione sotto la grande tenda allestita all'esterno della State House, che può ospitare circa tremila persone, e lo hanno applaudito con calore quando, concludendo il discorso in inglese, ha detto «Mungu abariki Kenya», che in swahili significa «Dio benedica il Kenya».

«Vado con gioia in Africa» aveva detto papa Bergoglio sull'aereo che lo portava a Nairobi e, nei saluti individuali con alcuni giornalisti ha anche scherzato sui timori legati al viaggio: «Più delle persone mi fanno paura le zanzare», ha  risposto a un giornalista inglese che gli chiedeva se temesse per la propria incolumità. «Faremo di tutto per collaborare al suo servizio: ci proteggeremo dalle zanzare», ha scherzato anche il portavoce Federico Lombardi. Il Papa, riferisce l'Osservatore romano, ha scherzato anche con il comandante dell'aereo: «Io voglio andare in Centrafrica, se non ci riuscite, datemi un paracadute!».

Evidente il desiderio di relativizzare le preoccupazioni per le minacce generiche al Papa e ai cattolici, successive agli attentati di Parigi del 13 novembre e che, giocoforza, incidono sull'undicesimo viaggio internazionale del pontificato, il primo in Africa di Jorge Mario Bergoglio. Pronti a cancellare la tappa in Centrafrica soltanto qualora la situazione precipitasse, il Papa e i suoi collaboratori non la hanno mai cancellata dal programma, neppure quando il contingente francese nella Rc, anche prima delle stragi di Parigi, aveva affermato che la sicurezza del Pontefice non poteva essere garantita. Il popolo centrafricano, non solo i cattolici, hanno troppo bisogno di questa visita, cui il Papa non vuole assolutamente rinunciare.

Già stasera a Nairobi, comunque, il Papa ha parlato con chiarezza per il Kenya, e non solo, specialmente per la denuncia di come la povertà alimenti i terrorismi. Nel discorso di oggi sono inoltre rintracciabili in filigrana temi che potrebbe sviluppare domani, in particolare nel discorso alle agenzie Onu per l'ambiente e gli insediamenti umani. Secondo il portavoce padre Federico Lombardi, il Papa ha parlato ovviamente per il Kenya, ma in certo qual modo per tutta l'Africa. Il Kenya, paese di 44 milioni di abitanti appartenenti a 42 tribù, secondo l'arcivescovo della capitale John Njue vive le sfide di «una transizione socio-politica»: «milioni di keniani vivono ancora in povertà, le famiglie si spezzano sotto il peso del materialismo e il crollo dei valori africani, le politiche divisive, la corruzione e le differenze di etnia vissute in maniera negativa continuano ad erodere la nostra società».

Papa Bergoglio, come previsto, si è mosso in auto chiusa dall'aeroporto al centro, ma uscendo dalla State House è salito sulla papamobile scoperta, stasera dotata di tettuccio impermeabile, per ripararlo dalla pioggia scrosciante. Una pioggia che a Nairobi considerano una «benedizione».

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