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Papa Francesco a Cuba, l'Angelus e poi la visita a Fidel: "C'è aria da terza guerra mondiale"

L'AVANA. Nella seconda giornata della sua visita a Cuba, tappa iniziale del viaggio che lo porterà anche negli Stati Uniti, papa Francesco celebrerà alle 9.00 locali (le 15.00 in Italia) la messa nella Plaza de la Revolucion dell'Avana, nota per il celebre ritratto murale di Che Guevara, dove celebrarono anche papa Wojtyla nel 1998 e papa Ratzinger nel 2012. Al termine, l'Angelus domenicale. Nel pomeriggio, alle 16.00 (le 23.00 in Italia), la visita di cortesia al presidente Raul Castro nel Palazzo presidenziale, con il colloquio privato tra i due e quello bilaterale tra la delegazione vaticana con il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e i rappresentanti del governo. Il programma della giornata prevede poi la celebrazione dei Vespri con il clero locale nella cattedrale dell'Avana, alle 17.15 (il Italia sarà già lunedì) e il saluto ai giovani nel Centro culturale padre Felix Varela alle 18.30. Sempre oggi, anche se non è confermato ufficialmente, dovrebbe aver luogo un incontro di papa Francesco con l'anziano leader della rivoluzione cubana, Fidel Castro.

Una visita quella del Pontefice che prende i contorni di un messaggio di pace e fratellanza tra i popoli. La normalizzazione dei rapporti tra gli Stati Uniti e Cuba deve essere «esempio di riconciliazione per il mondo intero in questa terza guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo». Lo ha detto papa Francesco nella cerimonia di benvenuto a L'Avana.

«Credo che oggi il mondo sia assetato di pace», sono le parole pronunciate dal Papa in volo sull'aereo che lo porta a Cuba, nel decimo e più lungo viaggio del suo pontificato (dieci giorni) che proseguirà poi anche negli Stati Uniti.  Il pensiero che più lo attanaglia è «la parola pace». E lo fa ricordando in pochi e densi tratti «le guerre, i migranti, l'ondata migratoria di persone che fuggono dalle guerre, che fuggono dalla morte». Ai cronisti riserva anche una toccante considerazione sulla sua partenza ieri dal Vaticano, quando a salutarlo c'era una delle due famiglie di profughi che per sua volontà vi sono state accolte in questi giorni. «Mi sono emozionato tanto oggi (ieri, ndr) - ha detto -, quando congedandomi dalla Porta di Sant'Anna, c'era una delle due famiglie che stanno nella parrocchia Sant'Anna, in Vaticano, accolte lì. Sono siriani, profughi: si vedeva il dolore nei loro volti». Agli stessi giornalisti, che poi ha salutato uno per uno, ha quindi augurato di lavorare per «costruire ponti». E proprio quella di costruire sempre nuovi ponti è la missione di fondo di questo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti, Paesi nel pieno di una normalizzazione dei rapporti, favorita anche dalla mediazione della Santa Sede, dopo oltre cinquant'anni di reciproco «muro».

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