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Macedonia, migranti ancora bloccati alla frontiera

Poi passano a gruppi di 200 dalla Grecia, Ue «pronta ad aiutare»

SKOPJE. Migliaia di migranti, che ieri sono stati caricati coi lacrimogeni dall'esercito macedone, sono  ancora bloccati al confine tra Grecia e Macedonia, dopo aver passato la notte al freddo senza riparo sotto una forte pioggia. Le autorità di Skopje, che hanno chiuso la frontiera decretando  lo stato di emergenza, hanno finora lasciato passare solo piccoli gruppi di persone dando la priorità a donne incinte, bambini e malati, poi fatti salire su un treno a Gevgelija che li porta verso la Serbia e da lì in Ungheria, paese Ue.

E ieri mattina caricati con lacrimogeni, con una decina di feriti, dall'esercito e dalla polizia di Skopje, che ha decretato lo stato di emergenza e chiuso la frontiera a Gevgelija, un paesino che per i profughi siriani rappresenta la stazione di partenza di quel treno che, attraverso la Serbia, li porterà verso l'Ungheria e quindi l'Ue.

Dopo una notte e una giornata di tensioni, le autorità macedoni hanno però finalmente consentito a due gruppi di circa 200 migranti ciascuno, principalmente famiglie, di attraversare il confine che corre lungo la linea ferroviaria. L'intenzione, riferisce l'agenzia macedone Mia, è di dare la precedenza ai più deboli, donne, bambini e anziani, in proporzione alla capacità del Paese di «accoglierli e aiutarli», ma senza quantificare.

La Commissione Ue, intanto, colta alla sprovvista dalla reazione di Skopje, ha messo le mani avanti dicendo di dovere ancora esattamente stabilire i fatti, ricordando di avere già assegnato 90mila euro di aiuti alla Macedonia e di avere in partenza a settembre un programma per la gestione dei migranti in collaborazione con la Turchia e gli altri paesi dei Balcani occidentali. Bruxelles, che ha sottolineato di stare «seguendo da vicino gli sviluppi» della situazione, si è però detta anche «pronta ad aiutare con ulteriore assistenza».

La situazione sul terreno, però, è urgente. Medici senza frontiere ha denunciato di avere curato a Idomeni, il paesino dal lato greco della frontiera, una decina di migranti dopo l'attacco coi lacrimogeni e le granate assordanti, sparate dalle forze armate macedoni in mezzo alla folla dei profughi. «Sei di loro presentavano ferite minori e sono state trattate sul posto mentre quattro hanno richiesto il trasferimento in ospedale», viene precisato dall'ong, mentre «uno di loro era stato anche picchiato da membri dell'esercito macedone». Msf sta anche distribuendo beni di prima necessità: molti svengono per il caldo, la sete, la fame e la stanchezza. «Le nostre squadre non hanno mai visto prima così tante persone alla frontiera», dove «in questo momento ce ne sono più di 3.000».

Skopje, riferisce ancora l'agenzia Mia, accusa Atene non solo di non controllare il flusso di migranti ma addirittura di organizzare bus che da Salonicco li portano al suo confine,
lungo appena 50 km ma da cui parte un trenino a due vagoni, negli ultimi giorni letteralmente preso d'assalto dai migranti, che va verso la salvezza che ha nome Europa. «Probabilmente vogliono controllare la corsa all'ingresso nel paese, ma alla fine ci lasceranno andare tutti», racconta Hassan all'Ap, padre di famiglia siriano nel purgatorio della terra di nessuno.

Solo lo scorso mese sono stati quasi 40mila i profughi ad entrare in Macedonia, più del doppio del mese precedente. La frontiera era sempre stata aperta, un paio di pattuglie e niente più. Fino a ieri. «Non so perchè ci stanno facendo questo», si chiede Mohammad, iracheno. «Non ho un passaporto o documenti di identità, non posso ritornare indietro e non ho nessun posto dove andare. Starò qui sino alla fine».

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