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'Ndrangheta: risate sul terremoto anche in Emilia

Risate sul terremoto. Come all'Aquila, così in Emilia. Questa volta a scherzare sui crolli non sono due imprenditori come in Abruzzo, ma due personaggi vicini alla cosca Grande Aracri, Gaetano Blasco e Antonio Valerio.

BOLOGNA. Risate sul terremoto. Come all'Aquila, così in Emilia. Erano le 13.29 del 29 maggio 2012, il giorno del secondo sisma, poche ore dopo la violentissima scossa delle 9.03. Questa volta a scherzare sui crolli non sono due imprenditori come in Abruzzo, ma due personaggi vicini alla cosca Grande Aracri, Gaetano Blasco e Antonio Valerio. «È caduto un capannone a Mirandola», dice il primo, in una telefona intercettata e riportata nell'ordinanza dell'operazione Aemilia.

Valerio ridendo, annotano gli investigatori, risponde: «eh, allora lavoriamo là...» E Blasco: «ah sì, cominciamo, facciamo il giro...». È il segnale, per il Gip Alberto Ziroldi, che «la 'Ndrangheta arriva prima dei soccorsi, o comunque in contemporanea». Blasco, «sicuramente organico alla cellula criminale emiliana», e Valerio, «costantemente coinvolto in illecite attività economiche», sono indicati tra gli organizzatori dell'associazione a delinquere di tipo mafioso capeggiata a Reggio Emilia da Nicolino Sarcone.

I due avevano «contatti e rapporti d'affari» con la Bianchini Costruzioni, azienda coinvolta nell'indagine, con il patron Augusto tra gli arrestati, accusato di concorso esterno all'associazione.  A riguardo il giudice scrive che le indagini hanno «permesso di ricostruire con chiarezza il perimetro soggettivo all'interno del quale ha avuto luogo l'infiltrazione criminale». Che «si è prevalentemente realizzata attraverso una perversa joint venture tra l'impresa Bianchini Costruzioni srl di San Felice sul Panaro (Modena) ed uno dei principali esponenti della consorteria investigata», cioè Michele Bolognino, uno dei leader del gruppo.

 Ma oltre ai rapporti tra 'Ndrangheta e imprese, ad emergere dalle carte ci sono i legami con la politica. C'è la cena, del 21 marzo 2012, al ristorante 'Antichi Saporì di Reggio Emilia. Per dirla con il procuratore Roberto Alfonso lì «si consacrò e si definì l'accordo tra la politica e l'organizzazione mafiosa». Alla serata parteciparono l'allora capogruppo Pdl in Provincia, oggi consigliere comunale di Fi, Giuseppe Pagliani, anche lui tra gli arrestati, Nicolino e Gianluigi Sarcone, Alfonso Diletto, Alfonso Paolini e Giuseppe Iaquinta. Qualche giorno prima c'era stato un dialogo telefonico, ritenuto significativo, tra Paolini, uomo di riferimento per Sarcone, e il consigliere: «Giuseppe ti dico sono gente che... i voti ti porteranno in cielo... guarda... però devi essere tu a consigliare e dire quello che bisogna fare...», diceva Paolini.

Secondo le indagini il politico il 21 marzo promise sostegno ai calabresi che si dicevano perseguitati dalle interdittive del prefetto di Reggio Emilia. In cambio, Pagliani avrebbe ricevuto il sostegno alla sua battaglia politica di contrapposizione alla presidente della Provincia, Sonia Masini, e ad altri personaggi pubblici schierati apertamente a sostegno del prefetto. «Non vogliono usare altre linee, vogliono usare il partito, proprio il... il Pdl per andare contro la Masini, contro la Sinistra», raccontava Pagliani alla fidanzata, al termine della serata.

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