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Eni di Gela, operai a Roma contro la chiusura della raffineria

ROMA. Hanno viaggiato tutta la notte in pullman i trecento lavoratori della raffineria di Gela dell'Eni che oggi pomeriggio sono sbarcati davanti a Montecitorio per gridare il loro no alla chiusura dell'impianto. Al loro fianco i tre leader di Cgil, Cisl e Uil ma anche i lavoratori di tutto il gruppo che, nei siti produttivi, hanno aderito al 90% allo sciopero.
Sindacati e lavoratori sono scesi in piazza perchè non si fidano delle promesse dell'azienda di mantenere i livelli occupazionali riconvertendo l'impianto alla produzione di bio-fuel e segnalano il rischio di perdere, tra diretti e indotto, 3.500 posti di lavoro.
Per il leader Uil, Luigi Angeletti, quelle dell'Eni sono «promesse scritte sull'acqua da un interlocutore inaffidabile» mentre per Susanna Camusso della Cgil si può tranquillamente cominciare a investire nella chimica verde «ma solo accanto alla produzione attuale».
I tre segretari chiamano poi in causa il Governo, azionista di controllo del cane a sei zampe, come garante degli accordi già firmati sul mantenimento dell'impianto, con Raffaele Bonanni della Cisl che chiede un incontro direttamente al premier Renzi per avere risposte, sottolineando che la chiusura «sarebbe un disastroso segnale di sfiducia» verso l'Italia.  Per i sindacati Gela è infatti la cartina di tornasole della volontà politica del Governo di puntare sullo sviluppo e vedono nella sua possibile chiusura il segnale del processo di de-industrializzazione del paese.
«Questa vertenza non riguarda solo Gela ma il futuro industriale del nostro paese, senza imprese non può esserci lavoro» ha detto Angeletti. Sulla stessa linea Bonanni: questa situazione «è il simbolo dell'Italia che sarà, se sarà affrontata con responsabilità sarà prospera se no arriveremo al deserto». «Se vogliamo uscire dalla crisi - le parole di Camusso - dobbiamo difendere i posti di lavoro esistenti».
Sui motivi di una possibile chiusura si allungano poi oggi ombre scure con don Luigi Petralia, parroco di Gela e consigliere spirituale del governatore Crocetta, che parla di «lobby politiche, economiche e affaristi che avrebbero interessi a lucrare sulle necessarie attività di bonifica e smaltimento». Brutte premesse dunque per il tavolo sul futuro di Gela che riaprirà già domani al Ministero dello Sviluppo economico.

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