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Finisce l'incubo di Meriam, la sudanese condannata a morte: a Roma l'incontro col Papa

ROMA. L'incubo di Meriam è finito alle tre di notte, all'aeroporto di Khartoum. Quando l'hanno portata via col marito e i figli dall'ambasciata americana, dove era rifugiata da una paio di settimane, temeva di tornare in un altro carcere. Ma quando ha visto sulla pista l'aereodell'Aeronautica militare italiana ha capito. Gli italiani ce l'avevano fatta, l'avevano salvata. E ora la portavano verso una vita nuova, negli Stati Uniti, insieme alla sua famiglia. All'arrivo a Roma stamattina, l'incubo si è trasformato in sogno. La giovane cristiana di un paese  dell'hinterland di Khartoum, condannata a morte in Sudan per apostasia, ha trovato ad accoglierla a Ciampino il premier Matteo Renzi e il ministro degli Esteri Federica Mogherini. Ma soprattutto, nella stessa mattinata è stata ricevuta in Vaticano da papa Francesco.
«Una ragazza che ha partorito in catene per la propria fede oggi è libera. L'Italia è anche questo. La politica è anche questo», ha twittato Renzi, dopo aver incontrato Meriam sull'aereo insieme alla moglie Agnese e aver parlato di «un giorno di festa». La giovane sudanese è arrivata in Italia col marito Daniel Wani (che è anche cittadino americano) e i figli Martin, di un anno e mezzo, e Maya, di due mesi, nata in carcere. Ad accompagnarli nel viaggio è stato il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli, il vero artefice dell'operazione, che si è goduto il suo momento di gloria scendendo dalla scaletta dell'aereo con Martin in braccio e il biberon in mano.
In tarda mattinata, l'incontro più emozionante. Papa Francesco ha ricevuto per mezz'ora la famiglia in Vaticano, a Santa Marta. Il pontefice l'ha ringraziata per la sua «testimonianza di fede» e la sua «costanza». Il portavoce vaticano, padre Lombardi, ha poi spiegato che l'incontro ha voluto essere «un segno di vicinanza per tutti coloro che soffrono a motivo della loro fede». A breve, forse già domani, la famiglia ripartirà per gli Stati Uniti. «Andranno in New Hampshire, dove vive il fratello di Daniel, Gabriel», spiega la presidente della ong 'Italians for Darfur', Antonella Napoli, che ha condotto una campagna pressante per Meriam.
La storia di Meriam Yahia Ibrahim Ishag, 27 anni, aveva commosso e indignato il mondo. Moltissimi paesi e ong di tutto il mondo si erano interessati alla sua vicenda, emblematica delle persecuzioni subite dai cristiani nel mondo, Siria, Iraq e Nigeria in primis. Ma alla fine è stata l'Italia a venirne a capo, con un paziente lavoro diplomatico del vice ministro Pistelli. Questo ha sfruttato gli ottimi rapporti dell'Italia con il Sudan: la  nomenklatura del paese ha studiato tutta nel liceo italiano dei Comboniani di Khartoum, e l'ambasciatore in Italia, Amira Gornas
Daud, è la moglie del ministro degli Esteri, Ahmed Karti.
Ai primi di luglio Pistelli era stato a Khartoum e aveva incontrato le autorità e la stessa Meriam. Ieri pomeriggio, Karti ha chiamato il viceministro e gli ha detto che il passaporto era stato consegnato alla donna. A quel punto Pistelli ha organizzato in fretta e furia il volo di Stato ed è partito per Khartoum. «Sulla vicenda di Meriam abbiamo avuto la pazienza di parlare
con tutti in modo amichevole - ha commentato l'esponente del governo -. Questo alla fine ha pagato». «Per un paese islamico come il Sudan sarebbe stato imbarazzante consegnare la donna agli Stati Uniti - spiega una fonte della Farnesina -. Tanto è vero che quando gli americani hanno cercato di portarla fuori, sono stati bloccati. Con l'Italia questi problemi non c'erano, e abbiamo permesso loro di liberarsi di una vicenda ingombrante».

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