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Terremoto nella terra del Pd, Errani si dimette da presidente della Regione Emilia Romagna

BOLOGNA. In Emilia-Romagna finisce, dopo oltre 15 anni, l'era di Vasco Errani: non è più presidente della Regione, si è dimesso poco dopo essere stato condannato a un anno in appello per la vicenda Terremerse. Tutto è avvenuto in fretta, oggi pomeriggio. Ora si aprono le incertezze. Più d'una: si andrà al voto e anche i tempi per le elezioni, a causa di una sentenza costituzionale, vanno ancora chiariti. La segreteria nazionale del Pd lo ha invitato a ritirare le dimissioni, confermando «la stima nei suoi confronti e nel lavoro svolto in questi anni». Come d'altronde hanno fatto in moltissimi nel Pd (Speranza, Fassina, Cuperlo), a cominciare dai deputati dell'Emilia-Romagna e da Pier Luigi Bersani, che proprio in Regione lo tenne 'a battesimò quando il presidente era lui ed Errani gli fece prima da 'consiglierè (1993) e poi da assessore (1997). Errani è approdato per la prima volta alla presidenza della Regione nel 1999 (poi riconfermato nel 2000, 2005 e 2010): era un ultimo scorcio di legislatura agitata, perchè Antonio La Forgia aveva lasciato la presidenza insieme agli allora Ds, per sposare l'Asinello di Prodi. Un altro mondo. Chi conosce Errani, tra Bologna e la sua Romagna (è nato nel 1955 a Massa Lombarda, Ravenna), scommette che lui non tornerà indietro. Proprio per il senso delle istituzioni che tutti nel partito gli riconoscono. «Non si può dubitare della sua onestà», ribadisce oggi Bersani. Ma quel mondo non c'è più. Se quando fu rinviato a giudizio ebbe attestati di stima anche dal Pdl (anche oggi gli è solidale Roberto Formigoni, a lungo suo vice alla presidenza della Conferenza delle Regioni, che Errani ora lascerà di conseguenza) e dall'Udc, oggi invece Forza Italia e la Lega nord avevano già chiesto le sue dimissioni quando lui, neanche un'ora dopo la condanna, ha annunciato che se ne andava. Se ne va. Con 'amarezzà, ma «quanto subisco io personalmente - ha precisato - non diventi fango per l'istituzione. Per questo intendo rassegnare subito le mie dimissioni, e nel farlo rivendico il mio impegno e la mia onestà lungo tutti questi anni. E la mia piena innocenza». In primo grado era stato assolto, ora deciderà la Cassazione.  Intanto, resta il fatto politico. Un'era è finita e ne comincerà un'altra. Luigi Marino, già con Monti, già presidente di Confcooperative, rinnova stima e vicinanza a «Errani, uomo e amico». Ma c'è Beppe Grillo che scalpita, non gli bastano le dimissioni da presidente, chiede che Errani lasci anche la carica di commissario per la ricostruzione dopo il terremoto del 2012. Anche altri esponenti del M5s vogliono elezioni subito, sognando «tante stelle» nel nuovo firmamento emiliano. Ma il Pd sembra più che pronto. Grazie anche al congresso regionale (è il 5 ottobre, ma a seconda dei tempi del voto potrebbe anche slittare) il toto-successione era già in stato avanzato. Per le candidature alla presidenza della Regione si parla di Stefano Bonaccini, segretario regionale uscente e responsabile Enti locali nella segreteria di Matteo Renzi, e di Daniele Manca, sindaco di Imola e presidente regionale dell'Anci, anche lui renziano della 'seconda orà. Poi, potrebbe correre l'ex sindaco di Forlì, Roberto Balzani, renziano da sempre. Ma se così fosse dovrebbe vedersela con Matteo Richetti, ora deputato, che da presidente dell'Assemblea regionale aveva fatto da apripista a Renzi prima di tutti in Emilia-Romagna, con lui sul palco alla seconda Leopolda a Firenze. E c'è anche la voce femminile della vice presidente della Giunta Simonetta Saliera (già in quota Cuperlo), che di Errani, subito, eredita il potere di firma durante l'ordinaria amministrazione, che comincerà non appena verranno formalizzate le dimissioni del presidente.

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