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Ars, 6 dirigenti devono restituire 300 mila euro

Avevano incassato alcune indennità legate agli scatti di carriera. Ora, per una sentenza della Cassazione, sarà ridotto pure lo stipendio

PALERMO. Avevano già incassato perfino gli arretrati più gli interessi, e ora sei dirigenti dell’Ars dovranno restituire alle casse del Parlamento circa 300 mila euro. E si vedranno anche ridurre lo stipendio. Premessa per un’operazione che può estendersi a un’altra settantina di funzionari che come loro hanno fatto ricorso qualche anno fa per avere riconosciute alcune indennità legate a scatti di carriera.

Ora, dopo un lungo braccio di ferro giudiziario, la Cassazione ha dato ragione alla difesa dell’Ars. Almeno per i ricorsi che riguardano Antonio Tomasello (fratello dell’ex segretario generale Giovanni), Daniela Saltalamacchia, Cosimo Alessi, Giulio Calasio, Giuseppe Esposito e Giovanna Mattei.

Per ricostruire la vicenda bisogna andare parecchio indietro negli anni. Dirigenti e funzionari lamentano che l’Ars non riconosce alcune indennità legate agli scatti di carriera maturati. Viene attivato un ricorso che fra il primo e secondo grado produce sentenze favorevoli ai dipendenti: da qui l’incasso delle somme che ora vanno restituite. Gli uffici dell’Ars calcolano che l’amministrazione, se tutti i ricorsi venissero bocciati in cassazione, potrebbe reincassare circa un milione. Mentre nel caso dei primi sei vinti la cifra non dovrebbe superare i 300 mila euro.
Nella fase processuale, per ottenere i soldi garantiti dalle sentenze dei primi due gradi di giudizio, alcuni dipendenti hanno perfino chiesto il pignoramento di somme ingenti che avrebbero messo in ginocchio il Parlamento. A fine 2012, quando il pignoramento milionario sembrava cosa fatta, si rischiò perfino di non pagare gli stipendi.

Ora tutto torna in discussione con una sentenza della Cassazione notificata alla presidenza dell’Ars nei giorni scorsi. Resta tuttavia da attendere che anche il ricorso di tutti gli altri dipendenti arrivi al grado finale.

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