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Stato-mafia, Riina contro Alfano: "Ministro accanito con questo 41-bis"

PALERMO.  Ne ha per tutti Totò Riina che dal carcere, parlando con il suo compagno di socialità Alberto Lorusso, continua a lanciare strali contro politici, magistrati e mafiosi. Nelle conversazioni che sono state depositate al processo Stato-mafia, il boss si concentra in particolare sulle ristrettezze del 41 bis e sul presunto «colpevole» delle sue pene: il ministro Angelino Alfano.    
«Perchè quel disgraziato di ministro dell'agrigentino, là al ministero dell'Interno... - dice - questo è proprio accanito con questi quarantunisti, questo è accanito proprio... è un canaglia, è un canaglia. Sì, sì... e lo aggrava sempre, sempre che parla del 41, stiamo facendo carceri nuovi così, i carceri li facciamo in modo che non possono rispondere con quelli della porta accanto... tu... tu... sta facendo tutto per... il carcere duro... duro... glielo do io a lui, il duro lo abbiamo noi qua dentro... quando viene lo trovi sempre duro... disgraziato».   
È un fiume in piena l'anziano capomafia che non ha perso il suo desiderio di rivalsa contro i magistrati, rei, a suo dire, di costruire i processi sui teoremi. A traballare, secondo Riina, è proprio il procedimento Stato-mafia.   
«Questo processo finisce così - spiega a Lorusso - rimanere con gli occhi pieni e le mani vuote. Questo c'è... ma che devono sperimentare? Vogliono fargli cantare delle cose, vogliono fargli dire delle cose. Gli ho detto all'avvocato: che vogliono fare i processi con tutto quello che  pensano loro? Perchè loro tutte cose pensano. Però non ci funzionano, non ci funzionano. In questo processo... tutti teoremi, tutti teoremi di loro, tutte trovate di loro».    Secondo Riina, i magistrati «non hanno niente». «Perchè sono condannato? Per tutti questi teoremi che fanno loro - aggiunge - tutte queste calunnie che fanno loro... tutte queste calunnie che fanno loro... gran calunniatori».   
Non mancano le critiche al suo successore: Bernardo Provenzano, che non solo voleva fare «il carabiniere» ma era anche tirchio con i carcerati. «Quello camminava con la tasca cucita cu ferru filatu (con il fil di ferro, ndr) - dice - era un periodo che tasche non se ne devono cucire, tasche non se ne devono cucire. Poi quando sono tornato da carcerato... gli ho detto siete una massa di miserabili e meschini. Li ho presi per miserabili e meschini... mi avete fatto morire di fame dentro il carcere, vigliacchi che non siete altro».

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