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Caso Ruby, i giudici: "Forti pressioni da Berlusconi alla Questura"

MILANO. «Deve ritenersi» che il premier «intervenne pesantemente sulla libertà di autodeterminazione del capo di gabinetto e, attraverso il superiore gerarchico, sul funzionario in servizio quella notte in Questura (...) al fine di tutelare se stesso, evitando» che Ruby «svelasse l'attività di prostituzione» ad Arcore. Lo scrivono i giudici milanesi. «Il presidente del Consiglio dei ministri ha chiamato nel cuore della notte il capo di gabinetto per chiedere la liberazione» di Ruby «al fine di ottenere per sè un duplice vantaggio». Lo scrivono i giudici del tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza sul caso Ruby con cui Berlusconi è stato condannato a 7 anni di carcere. «Risulta provato (...) che il regista delle esibizioni sessuali delle giovani donne fosse proprio Berlusconi, il quale dava via al c.d. bunga bunga in cui le ospiti di sesso femminile si attivavano per soddisfare i decidere dell'imputato». I giudici nel sottolineare che a loro avviso Berlusconi ebbe «per sè un duplice vantaggio»  hanno sottolineato che «da un lato la ragazza veniva in tal modo rilasciata» in modo da poter «continuare indisturbata a frequentare la privata dimora di Arcore e dall'altro (Berlusconi, ndr) evitava che la stessa potesse riferire alle forze dell'ordine e alle assistenti sociali di aver compiuto atti sessuali a pagamento con lo stesso imputato, garantendosi così l'impunità».
 «Proprio la cronologia degli accadimenti oggetto del presente processo ed il chiaro contenuto dei dialoghi captati convergono nel fornire la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della consapevolezza dell'imputato della minore età di Ruby».

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