MILANO. Due anni di interdizione dai pubblici uffici. È arrivata dopo un processo lampo, il primo nella storia giudiziaria di Silvio Berlusconi, la decisione della terza Corte d'Appello di Milano chiamata a ridefinire la pena accessoria per il Cavaliere. Una sentenza, quella di questa mattina, che chiude un altro capitolo, uno degli ultimi, del processo sul caso Mediaset nel quale l'ex premier, imputato per frode fiscale, è stato condannato definitivamente a quattro anni di carcere, tre dei quali coperti da indulto.
I giudici, presieduti da Arturo Soprano, dopo un'ora di camera di consiglio, hanno accolto la richiesta dell'avvocato generale Laura Bertolè Viale che, in meno di cinque minuti di requisitoria, ha concluso spiegando che, come la pena principale è stata due terzi del massimo previsto, così doveva essere anche per la pena accessoria.
Bocciata, invece, la linea dei difensori, gli avvocati Niccolò Ghedini e Roberto Borgogno, il collega di studio del professor Franco Coppi stamani 'assentè. I due legali, dopo aver depositato anche il ricorso contro la decadenza del leader del Pdl alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e le carte per dimostrare il 'saldò del conto con l'Agenzia delle Entrate, hanno sollevato due eccezioni di legittimità costituzionale, chiedendo di mandare gli atti alla Consulta e, quindi, di bloccare il processo: una riguarda la legge Severino («c'è una sovrapposizione di norma, un doppione» con il codice penale) in quanto non è possibile essere puniti con due pene accessorie come conseguenza dello stesso reato; l'altra riguarda la norma relativa al contenzioso fiscale nella parte in cui non prevede che all'imputato che paga i suoi debiti con l'erario, anche dopo l'apertura del processo, venga cancellata la pena accessoria. La difesa ha, inoltre, chiesto in 'subordinè di «contenere» la pena accessoria entro il limite «minimo» e cioè un anno.
Invece, dopo l'opposizione da parte del pg e un'ora di camera di consiglio, il verdetto: due anni e in 15 giorni le motivazioni che, si presume, ricalcheranno in parte la strada segnata dalla Suprema Corte. Il primo agosto, quando Berlusconi venne condannato definitivamente a quattro anni di reclusione, gli ermellini disposero di trasmettere il procedimento in appello a Milano in quanto l'interdizione dai pubblici uffici doveva essere riconteggiata tra uno e tre anni, come prevede la legge sui reati fiscali. I cinque anni inflitti all'ex capo del Governo in primo e secondo grado erano stati comminati applicando, al contrario, la legge ordinaria.
Per Niccolò Ghedini, che ha annunciato l'impugnazione della sentenza, la pena accessoria è «eccessiva» e comunque basata su «una sentenza ingiusta». In più ha annunciato ricorso in Cassazione contro il rigetto delle eccezioni di incostituzionalità.
In particolare per quella sul contenzioso fiscale perchè «Mediaset a settembre ha pagato circa 11 milioni all'Agenzia delle Entrate per le due annualità», il 2002 e il 2003, relative alla frode fiscale di oltre 7 milioni contestata al Cavaliere. Il quale al momento continuerà ad esercitare la sua attività di politico. Se non altro fino a quando non si concluderà in Senato l'iter per la sua decadenza o la sentenza di oggi diventerà definitiva.
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