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Omicidio Melania, colpevole anche in appello: Parolisi condannato a 30 anni

L'AQUILA. Trent'anni per Salvatore Parolisi. La Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila ha confermato la colpevolezza del caporalmaggiore per l'uccisione della moglie, Melania Rea, il 18 aprile del 2011, il cui corpo fu ritrovato, dopo due giorni dalla scomparsa, nel boschetto delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto.


In Aula è stata mostrata anche una chat hard di Parolisi con la sua amante. In primo grado i giudici, il 26 ottobre 2012, avevano condannato Parolisi all'ergastolo. Oggi, nell'ultima delle tre udienze del processo d'Appello, svoltosi a porte chiuse, la pena è stata convertita in 30 anni per effetto del rito abbreviato, secondo quanto spiegano fonti della difesa in attesa di leggere le motivazioni della sentenza.


In primo grado i giudici avevano concluso per il carcere a vita con l'aggiunta della pena accessoria dell'isolamento diurno: condizione che, nonostante il rito abbreviato, aveva determinato ugualmente la condanna all'ergastolo di Parolisi.


E la conferma dell'ergastolo era stata chiesta mercoledì 25 settembre alla prima udienza dal procuratore generale, Romolo Como. Per mamma Rea, commossa, «giustizia è fatta». Michele, fratello di Melania, pensa alla nipotina, solo 18 mesi all'epoca della morte della mamma: «Sicuramente saprà la verità quando sarà il momento e mia sorella ci aiuterà da lassù».


«Giudichiamo molto positivamente la sentenza - commenta il legale dei Rea, Mauro Gionni - Parolisi resta colpevole, la famiglia ha accolto molto favorevolmente il verdetto».
«Abbiamo lottato per arrivare fin qui, abbiamo creduto nella giustizia, ora è arrivata questa sentenza tanto attesa», aggiunge Michele, l'unico dei familiari di Melania, fuggiti in auto subito dopo la sentenza, che ha avuto il coraggio di affrontare i cronisti.


E Michele ripete: «Salvatore ha riportato questa ennesima condanna pesante, e sebbene resti sempre una sconfitta per la vita, resta una vittoria per la giustizia».


Per lo zio Gennaro resta, però, tanta tristezza: «Eravamo sicuri dell'esito, ma in noi c'è solo tristezza per non avere più Melania». Durante l'udienza, l'intervento del legale Gionni è stato incentrato su alcune prove tra cui una chat hard tra Parolisi e l'amante. «La chat hard con Ludovica è stata mostrata - ha spiegato Gionni - per contestualizzare la lettera prodotta dalla difesa di Parolisi nella quale Salvatore dice alla moglie di volerle bene: la chat è di soli quattro giorni prima la lettera spedita alla moglie».


Dal canto suo la difesa si aspettava una «sentenza più umana. L'importante - dice Nicodemo Gentile - è aver eliminato l'ergastolo». «Ci siamo parlati, anche se per un attimo, naturalmente era un pò avvilito, ma i processi finiscono in Cassazione», incalza l'altro legale della difesa di Parolisi, Walter Biscotti. «Evidentemente la Corte ha ritenuto di dover aderire alla ricostruzione fatta in primo grado dalla dottoressa Tommolini.


Aspettiamo con ansia di leggere le motivazioni, nella speranza di non trovare ulteriori versioni. Siamo gente abituata a lottare, i processi penali finiscono in Cassazione, ci sono
sentenze di condanna che possono essere ribaltate. C'è amarezza perchè la pena, anche se di trent'anni, è severa. Ma non ci fermeremo».


Nessun commento dai sei giudici popolari che hanno pronunciato la sentenza dopo nove ore di Camera di Consiglio. Uno solo si è lasciato sfuggire: «È stata dura».

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