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Un post fb su antiracket e Bongiorno: polemica tra Confindustria e Confcommercio

PALERMO. Racket, Libero Grassi e Gregory Bongiorno: sono gli ingredienti di una feroce polemica in corso tra Confindustria Sicilia e il presidente della Confcommercio siciliana, Pietro Agen. A scatenare il botta e risposta è stato un post su Facebook pubblicato da Agen, sul suo profilo personale, lo scorso 6 settembre, al quale oggi replica l'associazione degli industriali con una nota ufficiale.   
Dopo aver appreso la notizia che il presidente di Confindustria Trapani, Gregory Bongiorno, aveva denunciato i proprio estortori ammettendo di aver pagato per anni il pizzo, Agen ha scritto: «Chi nel 2013 denuncia il racket, dopo aver pagato fino al 2007 ed aver smesso solo perché , casualmente, avevano, allora, incarcerato gli estortori, diventa un esempio e si ha anche il coraggio di citare, senza vergognarsi, Libero Grassi che già nel 1993 scriveva un messaggio che non poteva non toccare il cuore e la mente delle persone perbene ed in possesso di un minimo di attributi: messaggio che invece , evidentemente, in quel di Trapani non era giunto!». E prosegue: «Il nuovo “Eroe” non aveva neppure ricevuto il forte segnale che negli anni novanta era partito prima dall'Acio di Capo d'Orlando e poi da Siracusa, Catania e da altri territori. Forse era distratto allora, come, per altro, appare reticente oggi nel rispondere alle domande su presunti rapporti fra suo padre e la mafia, se questi sono gli esempi per i giovani ... che il Signore ci aiuti». 
 Per Confindustria Sicilia «Agen trova argomenti risibili e offensivi per delegittimare chi ha appena avuto il coraggio di mandare in galera gli estortori, come è successo a Castellammare del Golfo a Gregory Bongiorno». «Sappia che le associazioni antiracket sono costituite prevalentemente da imprenditori che hanno pagato il pizzo anche per anni prima di denunciare e al loro interno non è mai stata fatta una graduatoria fra i più  puri ed i meno puri», aggiunge. Agen «guardi all'interno della sua associazione, troverà tante vittime del racket che non vanno offese ma aiutate: e se trovasse fra i suoi iscritti o i dirigenti un rappresentante di una famiglia notoriamente mafiosa, come gli Ercolano di Catania, farebbe bene a liberarsene».

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