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Sparatoria a Palazzo Chigi, feriti due carabinieri

Sette colpi di pistola sono stati sparati in piazza mentre al Quirinale si svolgeva il giuramento del nuovo governo italiano. Si tratterebbe di uno squilibrato. Ferita anche una passante

ROMA. Quello che il ministro dell'Interno  Angelino Alfano ha definito il «tragico gesto criminale di un  disoccupato» interrompe le dirette tv del giuramento del nuovo  esecutivo, ignaro di quanto stava accadendo, e sciocca il Paese.  L'uomo, un calabrese di 49 anni, arriva a piedi davanti a  Palazzo Chigi e spara sei colpi di pistola contro i carabinieri  del servizio di vigilanza, che gli sbarrano il passo: due  restano feriti, uno in maniera molto grave. «Ce l'aveva con i  politici», dice il pm che ha raccolto la sua confessione. «Ho  voluto fare un gesto eclatante in un giorno importante: non odio  nessuno in particolare ma sono disperato», si giustificherà  l'attentatore. «Volevo suicidarmi, ma non avevo più colpi».     Le telecamere dei Palazzi istituzionali hanno ripreso tutto. 


Sono appena passate le 11.30. Luigi Preiti - muratore emigrato  dalla Calabria al Piemonte e, due anni fa, tornato a vivere a  Rosarno dai suoi, dopo aver perso moglie e lavoro forse per il  vizio del gioco - si avvicina alla sede del Governo provenendo  da Montecitorio: giacca e cravatta, passo normale, sguardo  dritto davanti a sè, mani in tasca. Arrivato vicino alla  camionetta dei carabinieri, i militari gli fanno segno di  fermarsi, poichè proprio in quel momento viene chiusa la piazza  in vista dell'arrivo dei ministri dopo il giuramento al  Quirinale. A quel punto l'uomo estrae la pistola - una  semiautomatica Beretta calibro 7.65 acquistata quattro anni fa  al mercato nero ad Alessandria - e spara ad altezza d'uomo  contro due militari. Voleva uccidere.     A Piazza Colonna è il caos. Sempre le telecamere rimandano  le immagini di una bambina che si porta le mani alle orecchie e  tre persone che si riparano dietro la garitta all'angolo di  palazzo Chigi. Un bambino di circa tre anni riporta contusioni  al volto finendo a terra nella fuga e la mamma, incinta, viene  trasportata in ospedale per accertamenti. Decine di uomini della  sicurezza corrono a destra e a sinistra per sgomberare la  piazza. Tutta l'area viene blindata. È allerta per le sedi  istituzionali, Quirinale compreso.     L'uomo, che tenta di fuggire, viene subito bloccato da altri  due carabinieri del battaglione 'Toscanà, che non devono  sparare nemmeno un colpo. Lo immobilizzano, la faccia  schiacciata a terra. È freddo e lucido: «allentatemi le  manette, non sento il braccio», dice. Nel frattempo arrivano le  ambulanze.      Il brigadiere Giuseppe Giangrande, 50 anni, siciliano, vedovo  da due mesi, viene trasportato al policlinico Umberto I. È il  più grave. Un proiettile gli si è conficcato nel collo e ha  leso la colonna vertebrale cervicale: ha un «danno midollare  importante». La prognosi è riservata. Rischia la paralisi.     


L'altro, il carabiniere scelto Francesco Negri, 30 anni, di  Torre Annunziata, è stato colpito a una gamba e ha subito la  frattura di una tibia: è stato operato e sta bene.     Le indagini accertano che Preiti, che non ha precedenti  penali, è giunto ieri a Roma in treno, dopo aver lasciato  l'auto nei pressi della stazione ferroviaria di Gioia Tauro. La  stessa vettura, la casa dove abita, quelle dei parenti e dell'ex  moglie, la stanza dell'hotel romano dove ha alloggiato, sono  state passate al setaccio dagli inquirenti con l'obiettivo di  ricostruire dinamica e, soprattutto, movente.      A caldo si fa strada l'ipotesi del gesto di un folle, ma  Arcangelo Preiti (che chiede «scusa a tutti») assicura che il  fratello «non è uno squilibrato nè un terrorista». Anche il  pm di Roma Pierfilippo Laviani, che lo interroga all'ospedale S.  Giovanni dove è stato medicato, dice che «non sembra una  persona squilibrata».


Certo, «è un uomo pieno di problemi che  ha perso il lavoro, aveva perso tutto, era dovuto tornare in  famiglia: era disperato. In generale voleva sparare sui  politici, ma visto che non li poteva raggiungere ha sparato sui  carabinieri». Non un gesto estemporaneo, comunque, ma  pianificato a tavolino «una ventina di giorni fa». Un'azione  «eclatante» dopo la quale, dice lo stesso Preiti, avrebbe  voluto suicidarsi, senza riuscirci «perchè avevo sparato tutti  i colpi contro i carabinieri». Oppure, altra ipotesi, l'arma si  è inceppata.     L'unica certezza è che si è trattato di «un gesto  isolato», come afferma il neo responsabile del Viminale,  Alfano. Nonostante questo le misure di sicurezza - sia quelle  agli edifici sensibili, sia le scorte alle personalità -  vengono innalzate. In casi del genere, spiega un investigatore,  anche l'emulazione costituisce un serio pericolo.  

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