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Palermo, vent'anni dopo nel nome di Falcone e Borsellino

Nell'anniversario della morte di Falcone, di sua moglie e della sua scorta, centinaia di giovani hanno accolto due imbarcazioni con a bordo 2.600 studenti di 160 scuole d’Italia. Napolitano e Monti hanno invitato le autorità a fare finalmente piena luce sulle stragi. Ricordi e applausi per Melissa

PALERMO. Venti anni fa non erano neppure nati. Non ricordano il tritolo, l'autostrada di Capaci sventrata, i corpi dilaniati. Ma la memoria, quella sì, la coltivano e la portano forte nel cuore. E per loro Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono eroi ai quali ispirarsi. In migliaia, anche quest' anno, hanno invaso Palermo. Studenti di ogni parte d'Italia. Anche di Brindisi, devastata come fu la Sicilia nel '92, dal terrore degli attentati.


E a salire tra gli scranni dell'aula bunker del carcere Ucciardone, dove nel 1986 venne celebrato il primo maxiprocesso alla mafia, davanti al capo dello Stato Giorgio Napolitano, al
presidente del Consiglio Mario Monti, a ministri, politici e magistrati, oggi, c'erano anche due compagne di classe di Melissa Bassi, la sedicenne uccisa sabato scorso. Emozionate, tese, ma ferme, Aurora e Chiara, alunne della scuola Falcone-Morvillo hanno letto le paure e le riflessioni appuntate subito dopo la strage: «Due dati abbiamo in mente oggi: 16 anni e morte. Il programma di Melissa era quel giorno andare a scuola e poi a casa. Ma non c'è mai arrivata a casa perchè a scuola hanno trovato la morte». «I ragazzi di Brindisi - ha commentato il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso - ci hanno dato una lezione incredibile. Hanno reagito, si sono ripresi il territorio, hanno gridato forte che la scuola non si tocca».


«In 20 anni - ha detto il capo della Dna - a Palermo è cambiato tantissimo, anche se restano buchi neri e punti oscuri sulla strage di Capaci. Chi sa ci aiuti a fare chiarezza». Un richiamo, quello alla necessità di arrivare a svelare cosa accadde il 23 maggio del 1992, ribadito anche dal presidente del consiglio Mario Monti.  «I pezzi mancanti sulle stragi devono essere ricercati fino in fondo», ha detto il premier visitando il giardino della memoria delle vittime della mafia. «Perche» - ha aggiunto - non c'è alcuna ragione di Stato che possa giustificare ritardi nell'accertamento dei fatti e delle responsabilità. L'unica ragion di Stato è la verità.


Parole condivise da Giorgio Napolitano per il quale non si deve esitare anche a mettere in discussione cose che sembrano ormai definitive: un riferimento alle nuove indagini sulla strage in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Ma sul timore di una ripresa dello stragismo, espresso dal capo dello Stato, e sulla consapevolezza che la mafia rappresenta ancora un pericolo per la democrazia, oggi nel bunker dell'Ucciardone ha prevalso l'ottimismo rappresentato dall'entusiasmo e dalla partecipazione dei ragazzi. A loro,  non riuscendo a trattenere le lacrime, si è rivolto il presidente della Repubblica che ha invitato i giovani a scendere «al più presto in campo, aprendo porte e finestre per rinnovare la politica e la società. L'Italia ne ha bisogno, l'Italia ve ne sarà grata». La festa dei ragazzi è proseguita per le strade
di Palermo.

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