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Bimbo morto a Palermo, il dolore dei familiari

PALERMO. Sul luogo della tragedia c'è una chiazza di sangue che beffardamente assume la forma di un agnellino con una una specie di coppa che sembra fare da calice. Dario Rizzo, 10 anni, «se n’è andato nel giorno della morte di Gesù, nei giorni della Resurrezione», dicono gli abitanti del posto, quasi sussurrando.
Coincidenze, suggestioni, sentimenti forti quelli che stanno vivendo in via Vincenzo Madonia, nel Villaggio Santa Rosalia, dove il piccolo è morto dopo un incidente tanto tragico quanto assurdo. Talmente assurdo da essere preso quasi come un segno del destino, come un tocco religioso in questo momento pasquale. Stava semplicemente giocando a pallone con i suoi amici, come ha fatto e faceva sempre. Indossando preferibilmente la sua maglietta del Milan, la squadra per il quale tifava, ovviamente insieme al Palermo. Poi, il destino si veste di incredibile, e l’ineluttabile bussa alla tua porta. «Ha detto vado a prenderlo io il pallone, poi è rimasto impigliato al cancello, e poi è caduto. È successo tutto in fretta. Da non crederci, da non crederci». In via Vincenzo Madonia, sul luogo dell’incidente, dove è successa la tragedia, si è creato, spontaneamente e in pochissimo tempo, un vero e proprio santuario. Fiori, messaggi, le magliette del Milan, biglietti, tante persone a ricordarlo, a salutarlo. Dario frequentava la quinta elementare, ed era il piccolino di casa: due fratelli più grandi, padre e madre che lo adoravano e che non gli facevano mai mancare niente. Tutti nel quartiere lo ricordano come «un ragazzino vivace, vivacissimo - dicono con le lacrime agli occhi - non si vede?». Indicano la foto di Dario, un poster che hanno attaccato al cancello per ricordarlo: sorriso biricchino, le dita in segno di vittoria, i capelli a punta. Qualcuno dice che somiglia a Bart Simpson, in quella foto. Uno dei fratelli è lì, vicino a quel santuario improvvisato dopo la tragedia. Tutti lo abbracciano, gli parlano, cercano di consolarlo, anche se sanno benissimo che sanno benissimo che non è possibile. «Dariuzzu amava il calcio, giocava sempre, da pazzi - dice - era pure bravo. Quando c’erano le belle giornate vengono qui, con tutti gli amici». Si punta il dito anche contro le strutture, il cancello. «I nostri piccoli - dice una madre - dovrebbero essere liberi di giocare in spazi adatti a loro, non vicino delle trappole mortali». Un altro fiore arriva per Dario. Non sarà di certo l‘ultimo.

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