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Mafia, nuove accuse contro Cuffaro e Romano

Il pentito Stefano Lo Verso, per anni vicinissimo a Provenzano parla dei loro rapporti con Cosa Nostra

PALERMO. Nuove accuse al ministro delle Politiche agricole Saverio Romano e all'ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro, già condannato per favoreggiamento mafioso. A parlare dei rapporti con Cosa nostra dell'ex governatore siciliano e del politico dei Responsabili è il pentito Stefano Lo Verso, per anni vicinissimo al boss Bernardo Provenzano.
I verbali con le dichiarazioni del collaboratore di giustizia su Cuffaro e Romano sono stati allegati al ricorso in appello presentato dai pm di Palermo Nino Di Matteo e Francesco Del Bene contro la sentenza di proscioglimento dell'ex presidente della Regione dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa decisa a febbraio scorso dal gup Vittorio Anania.
Il giudice sostenne che le accuse mosse a Cuffaro fossero una duplicazione di quelle già sostenute nel processo per favoreggiamento, conclusosi con la condanna definitiva dell'imputato, e dichiarò chiuso il caso invocando il principio del ne bis in idem. In estate, però, le dichiarazioni di Lo Verso hanno aggiunto elementi nuovi a carico di Cuffaro e pesanti argomentazioni contro il ministro Romano per cui recentemente la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa.
Ma cosa riferisce Lo Verso, mafioso di primo piano di Ficarazzi (Palermo) che ha coperto anche la latitanza di Provenzano? Ai pm il pentito racconta di avere saputo nel 2003 dal boss di Villabate Nicola Mandalà degli stretti rapporti tra Romano e Cuffaro e Cosa nostra. "Sviluppando un discorso su un costruttore che stava edificando una chiesa a Villabate - racconta il collaboratore - Mandalà mi disse che non c'erano problemi né a livello comunale, né a livello regionale e nazionale. Aggiunse che loro erano legatissimi a Totò Cuffaro e Saverio Romano".
Il pentito, inoltre, dice di avere saputo da un uomo vicino a Provenzano, Vincenzo Paparopoli, che le dichiarazioni fatte dall'ex presidente del consiglio comunale di Villabate, Francesco Campanella, mafioso poi pentito, "sui legami tra Romano e la famiglia mafiosa di Villabate erano vere e che i rapporti erano mediati da Nino Bruno, cugino di Nicola Rizzo". Pesanti anche le dichiarazioni rese da Lo Verso su Cuffaro. Il collaboratore ha raccontato che sarebbe stato proprio il capo di Cosa nostra a tirare in ballo l'ex governatore. Dopo l'arresto del manager della sanità privata Michele Aiello, condannato poi per mafia, il padrino corleonese avrebbe detto a Lo Verso di stare sereno "perché tanto Cuffaro deve mantenere gli accordi".
Nell'atto di appello firmato dai pubblici ministeri, una sessantina di pagine in tutto, sono stati allegati tre verbali di Lo Verso. I magistrati della Procura hanno inoltre chiesto alla corte d'appello che dovrà pronunciarsi sul ricorso contro la sentenza di ne bis in idem di sentire il pentito che, secondo gli inquirenti, sarebbe l'ulteriore prova del patto politico-mafioso sottoscritto dall'ex presidente della Regione.

LA REPLICA. "Sono cose già note e già riportate dai media, inutili ma ricorrenti ad orologeria". Così il ministro delle politiche agricole Francesco Saverio Romano commenta all'ANSA le dichiarazioni del pentito Lo Verso. "Dopo otto anni che la mia vicenda è sui giornali - prosegue il ministro - in tanti hanno 'sentito dire' che..., non solo Lo Verso".

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