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Lampedusa si svuota, ma tensioni per i rimpatri

Ma resta un'incognita il futuro dell'accordo con la Tunisia. Difficile per le forze di polizia costringere gli immigrati a salire sugli aerei che li riportano nel loro Paese

LAMPEDUSA. Dei 25mila sbarcati dall'inizio dell'anno, ne sono rimasti solo 120, di cui 33 minori: Lampedusa finalmente respira, anche se il barcone con 58 tunisini arrivato in porto al tramonto praticamente da solo potrebbe essere il segnale che, dopo 40 ore di tregua, sono riprese le partenze.
In ogni caso, per la prima volta da mesi, sull'isola i ritmi non sono stati scanditi dagli sbarchi ma dai primi preparativi per la stagione estiva: sistemazione dei chioschi sulle spiagge, pulizia delle strutture rimaste chiuse durante l'inverno, apertura di nuovi locali. Segno che si comincia a pensare anche a qualcosa di diverso dall'emergenza arrivata dal nord Africa. Paradossalmente, il tentativo di incendiare il centro di accoglienza dell'isola, ha accelerato questo processo: in meno di 24 ore quasi tutti i migranti che erano ieri sull'isola, sono spariti. Un migliaio - oltre settecento tunisini e circa 240 profughi sub sahariani sono partiti con la nave Excelsior della Grimaldi diretti sulla terraferma. I profughi nei centri per richiedenti asilo e i tunisini ai Cie, da dove saranno rimpatriati. A parte i 58 arrivati in serata e i 33 minori ancora sull'isola, nel Centro di accoglienza ci sono soltanto 87 tunisini: tra domani e dopodomani saranno tutti rimpatriati.
Proprio i rimpatri, però, restano un'incognita. Finora Tunisi ha rispettato l'accordo accettando 60 persone al giorno con due voli. Ma non è detto che continui a farlo, soprattutto a questi ritmi. Ogni operazione di rimpatrio, inoltre, è sempre una scommessa per chi deve gestire l'ordine pubblico e le tensioni aumentano ad ogni volo. Come è avvenuto oggi: prima di riuscire a farli salire sull'aereo, i funzionari di polizia hanno dovuto mediare oltre due ore con i trenta che dovevano essere rimpatriati. I tunisini hanno urlato, pianto, protestato, minacciato di ferirsi. "Vogliamo la libertà, vogliamo andare in Francia, non in Tunisia" hanno urlato più volte. Alla fine, scortati ognuno da due poliziotti, i trenta si sono convinti a salire, ma le proteste sono continuate anche sull'aereo. In ogni caso, se le operazioni procederanno a questi ritmi e non ci saranno altri sbarchi, giovedì l'isola sarà vuota.

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