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Otto siciliani nella lista nera della commissione Antimafia

In tutto i casi accertati sono quarantacinque. Sono i cosiddetti «impresentabili», incappati in condanne definitive e non, ma soprattutto non in regola con il codice di autoregolamentazione voluto dal Parlamento

PALERMO. C’è il candidato accusato di estorsione, quello imputato di usura ma non ancora condannato con sentenza definitiva e perfino il trafficante di droga per il quale sono stati chiesti ulteriori approfondimenti. «Perché — così è stato scritto in uno degli allegati alla relazione — condannato a una pena esigua rispetto al reato contestato».


Sono otto — sui 45 casi accertati finora — i siciliani finiti nella «lista nera» della commissione nazionale Antimafia, che in questi giorni ha chiuso il suo lungo lavoro istruttorio sulle ultime amministrative. Sono i cosiddetti «impresentabili», incappati in condanne definitive e non, ma soprattutto non in regola con il codice di autoregolamentazione voluto dal Parlamento. Anche se si tratta di dati parziali, visto che 22 prefetture non hanno esaudito le richieste dell’Antimafia, la mappa resa nota dal presidente della commissione, Beppe Pisanu, fornisce comunque un quadro preoccupante. Le violazioni del «codice» riguardano 11 candidati eletti e 32 non eletti: 15 dei 45 casi individuati riguardano candidati in liste nazionali. Tra i reati, spiccano pure l’associazione mafiosa (contestata a 4 candidati), l’estorsione (29 casi) e l’usura (3). Sulla distribuzione geografica la classifica vede primeggiare invece la Puglia (con 10 nomi), seguita dalla Campania (9). I siciliani sono otto, si trovano nelle province di Enna, Messina, Catania, Ragusa e Palermo e sono perlopiù candidati ad elezioni amministrative di piccoli comuni. Ad esclusione di Giuseppe Castoro, 53 anni, esponente del Partito democratico eletto (unico tra gli «impresentabili» dell’Isola) al consiglio provinciale di Enna nonostante un impedimento di non poco conto, visto che era sottoposto alla sorveglianza speciale. La storia di Castoro è comunque controversa. L’esponente del Pd (che di recente ha ottenuto una sospensiva dal Tar) fu infatti uno dei 117 imputati del processo «Leopardo»: i pentiti Leonardo Messina e Paolo Severino lo accusavano di essere un uomo d’onore, ma le loro dichiarazioni furono ritenute prive di riscontro dalla Cassazione, che ribaltò la condanna a sei anni in appello con un’assoluzione con formula piena.



Scorrendo la lista dei candidati con condanna definitiva, troviamo Antonio Caliò, candidato al consiglio comunale di Naso, in provincia di Messina, nella lista «Il paese che vorremmo - Decimo Lo Presti sindaco»: nel 1994 patteggiò la pena per tentata estorsione; alle elezioni di giugno incassò 50 voti, ma non gli bastarono per essere eletto. Altro nome, quello di Giulio Cesare Enea, della provincia di Palermo, anche lui condannato (ha patteggiato nel 2004) per estorsione e candidato nella lista «Portella di Mare e Misilmeri» alle ultime amministrative: prese un solo voto, probabilmente il suo. È stato condannato per estorsione anche Salvatore Iurato, candidato al consiglio di Ispica (incassò appena tre voti) con la lista Movimento Primavera Ispicese, mentre un capitolo a parte lo meriterebbe Giuseppe Zappalà, di Pedara, esponente della lista civica «Pedaresi Democratici Liberi», condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope. Sotto il suo nome c’è una nota della commissione che chiede ulteriori accertamenti e di «acquisire il certificato del casellario giudiziale perché condannato a pena esigua rispetto al reato contestato».
Tra i candidati con condanna non definitiva figurano invece due politici della provincia di Palermo: Giuseppe Condello (accusato di estorsione) esponente della lista civica «Scillato Viva», con la quale ottenne 12 voti, e Natale D’Amico, di Collesano (lista «Vitale Sindaco»), rinviato a giudizio per usura il 21 aprile 2010, prima delle elezioni amministrative. Nelle quali prese appena due voti.Giuseppe Castoro, consigliere Pd: condannato ma poi scagionato

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