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Gela, costringono ristoratore a pagare il pizzo: 7 arresti

Le estorsioni sono andate avanti per 15 anni. Tre le rate annue: a Pasqua, Ferragosto e Natale. Tra i taglieggiatori anche il figlio di un dirigente comunale

GELA. Per 15 anni, dal 1992 al 2007, il proprietario di un ristorante di Gela ha dovuto pagare tangenti al racket delle estorsioni di “stidda” e Cosa nostra, che non solo mangiavano a sbafo nel suo locale, ma minacciavano di incendiarglielo se non si fosse 'messo in regola' col pizzo. Una vicenda che oggi ha portato all'emissione di sette provvedimenti cautelari, eseguiti, nella notte, dagli uomini della mobile di Caltanissetta e del commissariato di polizia di Gela. Le misure sono state emesse dal gip di Gela, Lirio Conti, su richiesta del pm, Onelio Dodero. Gli estortori, inizialmente, pretendevano dalle 300 alle 500 mila lire al mese (poi l'equivalente in euro). Successivamente, la richiesta fu limitata a tre sole rate annue: Pasqua, Ferragosto e Natale. Tra i taglieggiatori ci sarebbe stato anche il figlio di un dirigente del Comune. Fondamentale il ruolo della vittima e del genero, che, assistiti dall'associazione antiracket 'Gaetano Giordano', hanno collaborato con gli investigatori. I provvedimenti restrittivi sono stati notificati in carcere agli stiddari Marcello Scerra, di 37 anni, Salvatore Di Maggio, di 26, Vincenzo Di Giacomo, di 43 anni,  e agli affiliati a Cosa Nostra Rosario Gueli, di 37 anni, Rocco Ferlenda, di 40 anni, e Camelo Raniolo, di 36 anni, tutti già detenuti per altri reati. Nell'inchiesta, denominata “Operazione Supernova” con l'accusa di estorsione in concorso (aggravata dall'associazione mafiosa), sono coinvolti anche Crocifisso Maganuco, di 35 anni, e il collaboratore di giustizia, Benedetto Zuppardo, di 31, che all'epoca dei fatti erano minorenni. Sui due procede la Procura dei minori.

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