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Ingroia: "Cosa Nostra in difficoltà ma non in ginocchio"

Il procuratore ha parlato dell'operazione che ha portato all'arresto del capo mandamento di Resuttana, Carlo Giannusa, e di altri due uomini, nel corso dell'incontro con la stampa. No comment su Antinoro

PALERMO. C’è la soddisfazione, certo. Quella di aver dato un altro colpo alla Mafia. Apparentemente sempre più sofferente, sempre più accerchiata, sempre più debole. Apparentemente, appunto. Pochi conoscono la realtà delle cose come Antonio Ingroia, che ha coordinato l’inchiesta dei carabinieri che ha condotto al fermo di Andrea Quatrosi, 52 anni, ritenuto il capo mandamento di Resuttana, Carlo Giannusa, 41 anni e Mario Napoli, 45 anni. Proprio per la sua esperienza e per il suo essere dentro alla realtà, alle trame fitte di Cosa Nostra, il procuratore sa benissimo che la guerra non è finita, tutt’altro. “La Mafia è in difficoltà, questo possiamo anche crederlo, ma sicuramente non è in ginocchio e non è sull’orlo della bancarotta, e questa indagine sta appunto a dimostrarlo – dice Ingroia nel corso della conferenza stampa che si è tenuta questa mattina al palazzo di giustizia – le cosche hanno ancora un’ossatura dentro il territorio, e di questo si fanno forza. Lo dimostra il progetto di omicidi scongiurato dagli investigatori e i taglieggiamenti a tappeto imposti agli operatori economici". Nel corso dell’incontro con la stampa, a cui hanno preso parte anche hanno partecipato anche il comandante del reparto operativo Paolo Piccinelli e quello del nucleo operativo, il colonnello Francesco Gosciu, è stato tracciato anche l’identikit di Manuel Pasta, il collaboratore di giustizia che ha aiutato, con le sue parole, le autorità. Un uomo di spicco, all’interno dell’organizzazione, una persona in grado di tracciare il quadro dei nuovi organigrammi e a conoscenza di molti segreti dei clan. Oltre a fare i nomi dei capi delle cosche e degli esattori del pizzo e a parlare delle attività lecite in cui Cosa Nostra ricicla il denaro sporco, Pasta avrebbe parlato del sostegno elettorale dato dal clan all'eurodeputato dell'Udc Antonello Antinoro, già indagato per voto di scambio.  Su questo Ingroia non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Una delle armi di Cosa Nostra è sicuramente quella del racket, presenza ancora forte all’interno del territorio, come sottolineato da Ingroia. Ci sono stati dei passi avanti, ma ancora non basta. Anche perché la Cupola ha paura che il silenzio si squarci ancora di più.  “Sicuramente c’è un miglioramento rispetto a qualche anno fa, questo nessuno lo nega – dice il procuratore – grazie anche alle iniziative spontanee dei cittadini. Dalle indagini che abbiamo condotto è emerso che i boss temono le denunce degli imprenditori. Su questo dobbiamo puntare, perché ancora troppe persone non hanno la forza di rivolgersi alle forze dell’ordine quando sono minacciate, preferendo la morsa del racket”

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